Prosa
L'UOMO DAL FIORE IN BOCCA

Un piccolo gioiello che Tedeschi porta in scena da trent'anni

Corrado Tedeschi
Corrado Tedeschi

Derivato, con poche varianti, dalla novella Caffè notturno del 1918 (rinominata nel 1923 La morte addosso) L'uomo dal fiore in bocca è un atto breve di Luigi Pirandello rappresentato per la prima volta da Anton Giulio Bragaglia, nel febbraio del 1923, al teatro degli Indipendenti di Roma. In un bar notturno si incontrano due uomini, uno ha perso il treno, l'altro, non riuscendo a stare in casa, va in giro, inseguito a distanza da una moglie che non si dà pace. 

L'uomo fantastica sulle vite altrui, come racconta all'altro avventore del bar, perché ha bisogno di attaccarsi alla vita da quando gli è stato diagnosticato un epitelioma, che lui chiama fiore, che gli lascia solo pochi mesi di vita. L'uomo ...dal fiore in bocca compie così una riflessione sulla vita a voce alta, fatta da chi sa di avere poco da vivere, con le solite argomentazioni profonde e solo apparentemente astruse di Pirandello. Un testo difficile soprattutto da proporre a un pubblico sbarazzino e disimpegnato come quello delle rassegne estive. Corrado Tesdeschi affronta il testo in maniera intelligente. 

Si presenta in scena, saluta il pubblico, chiede agli astanti se hanno visto uno strano signore, mandato dagli eredi Pirandello. Quando avevano autorizzato "Tedeschi" a mettere in scena L'uomo dal fiore in bocca, spiega, pensavano si trattasse di Gianrico, e non di Corrado ma ormai l'autorizzazione era stata data... Però, per controllare che tutto vada bene gli eredi hanno mandato uno dei personaggi Pirandelliani a tenere d'occhio la situazione. Tedeschi chiede aiuto al pubblico per convincere l'umo degli eredi che lui possa essere un attore degno dei personaggi pirandelliani. 

Chiama in scena alcuni astanti tra il pubblico, fa loro interpretare alcune emozioni così come sono descritte da Pirandello. Si avvicina così a uno dei suoi tanti temi: dinanzi uno specchio vediamo qualcuno (noi) che non conosciamo perché quello che vediamo riflesso normalmente son gli altri a vederlo non noi. Tedeschi è serissimo mentre affronta l'argomento ma sa condurre il pubblico per mano tra le insidie di un ragionar sottile ma mai banale, con commenti arguti e ironici coi quali punzecchia il pubblico, lo stimola, lo spaventa quando anticipa che chiamerà qualcuno con lui sul palco e gli ricorda che, dopo tutto, a teatro è se stesso che vede. Rende la platea unita e coesa, preparandola psicologicamente all'atto breve che comincia quasi all'improvviso e che il pubblico segue con la massima attenzione, respirando tutti lo stesso respiro (merito di un grande attore). 

Tedeschi impiega il suo savoir faire acquisito da tante esperienze televisive per condurre il pubblico dove vuole lui, a teatro, quello vero, quello, come ricorda dopo lo spettacolo, che rischia di chiudere a causa dei tagli al Fus. Un piccolo gioiello (l'aggettivo si riferisce solo alla durata del testo) che Tedeschi porta in scena da dieci anni, come ci racconta prima di diventare uno splendido, vero, umanissimo uomo dal fiore in bocca. Visto al teatro di Villa Pamphili, il 2 agosto 2009

Visto il 01-08-2009
al Villa Doria Pamphilj di Roma (RM)