Ma quali corna… Monsieur Dandin si propone come riscrittura di una tra le opere meno note e rappresentate di Molière, George Dandin o il marito confuso, andata in scena per la prima volta a Versailles nel 1668, in occasione del Gran Divertissement Royal voluto dal re Luigi XIV. La farsa viene ripresa abbastanza fedelmente ma nel riadattamento è la campagna acerrana a fare da sfondo alle vicende; ne consegue un adattamento linguistico che si adagia su forme e modi del dialetto campano. In apertura di scena i personaggi si dispongono intorno alla scenografia come in un frontespizio secentesco, di cui accoglie alcuni elementi ornamentali. La trama è molto semplice: George Dandin, contadino arricchito, riesce a sposare una nobildonna a causa delle pessime condizioni economiche in cui versa la sua famiglia. Non riuscendo a comprare col denaro anche l’affetto della giovane, subisce continui tradimenti, della cui esistenza tenterà di convincere i suoceri, senza successo.
La riscrittura di Rosario Giglio rappresenta in modo più intimo il dramma di Dandin quale uomo innamorato, e allo stesso tempo fa luce su un altro aspetto, quello di un uomo che ha visto fallire la propria ambizione di ascesa sociale. I monologhi del testo originale si trasformano in voci fuori campo che martellano l’orgoglio del protagonista intorno alla piaga delle “corna”, ma il disagio sentimentale interno si scontra col disagio sociale avvertito esternamente da Dandin, sempre più cosciente della sua inadeguatezza rispetto a una classe sociale che non gli appartiene. Insomma, “ma quali corna!”. Il suo tormento, più che riconquistare la moglie, è quello di smascherarla, e vendicare il suo orgoglio ferito, non tanto di innamorato, quanto di uomo che resta giocato da una nobiltà di cui non conosce le regole.
Con la sola eccezione delle scelte musicali, non sempre ben giustificate, lo spettacolo è ben costruito, gli attori sono affiatati e la macchina comica funziona fino alla fine. Particolarmente brillante la scelta di ampliare e sviluppare la parte del servo Baccalà, che nell’intreccio originale mantiene il rango di comparsa. Per l’occasione il ruolo è stato interpretato da Giglio stesso, la cui maestria interpretativa, oltre che registica, è stata la leva comica dell’intera commedia.