Lirica
MACBETH

GLI INCUBI NOTTURNI DI MACBETH

GLI INCUBI NOTTURNI DI MACBETH

La Fondazione Pergolesi Spontini rende omaggio al geniale scenografo ceco Josef Svoboda a dieci anni dalla sua scomparsa ricostruendo due suoi allestimenti, Macbeth e Lucia di Lammermoor, in coproduzione con enti lirici (Genova e Trieste per Verdi) e teatri di tradizione (Cremona, Como, Brescia, Pavia, Novara, Ravenna, Fermo per Donizetti). Particolarmente preziosa l'operazione nel caso di Macbeth, le cui scene (teatro dell'Opera di Roma 1995) erano andate perdute e qui precisamente ricostruite dal bravo Benito Leonori, già assistente di Svoboda in varie produzioni.

Il lavoro di Svoboda può essere sintetizzato in “proiezioni e riflessi”. Anche in questo caso il palcoscenico è vuoto ma contiene tutto. Su teli in stoffa goffrata vengono effettuate proiezioni; uno specchio riflette i palchi e la platea; entrambi, grazie a un abile gioco di luci, vengono in certi momenti utilizzati in trasparenza. Particolarmente efficaci la scena della foresta che si avvicina e quella dell'apparizione dello spettro di Banco a un capo della tavola a cui siede Macbeth. Il senso delle proiezioni è quello di mostrare tormenti e lacerazioni dell'anima, dubbi e paure, trasformando l'opera in un incubo notturno, particolarmente efficace nella regia di Henning Brockhaus. Le proiezioni sono frontali per cui intercettano le persone sul palco in modo assai suggestivo, inserendo i corpi in un mimetismo in movimento.
I costumi di Nanà Cecchi danno un fondamentale apporto, soprattutto negli abiti con maschere del coro femminile. I volti sono tutti biaccati, divenendo lunari, notturni.

Giampaolo Bisanti dà una lettura precisa e coerente della partitura; il gesto è ampio per tenere sotto controllo l'orchestra filarmonica marchigiana e il coro lirico marchigiano (che non brilla in “Patria oppressa”), dando giusti attacchi e tempi ai solisti; il suono è curato e adatto alle scelte registiche, privilegiando la cupezza di un incubo infinito; i quattro atti si sgranano via tenendo incollati gli spettatori alle sedie grazie a una tensione continua che il direttore riesce a restituire molto bene.
Luca Salsi nel ruolo del titolo ha spiccato canto verdiano e gusto nello spiegare con rotondità il verso, senza calcare su possibili eccessi del personaggio. Mirco Palazzi presta la sua bella e profonda voce a Banco che si ammanta di algide, emozionanti scurezze. Tiziana Caruso è corretta nelle note e propone per una versione della Lady in preda a delirio piuttosto che a intima, razionale cattiveria, come anche le sciabolate in acuto suggeriscono (ma resta poco agile in “Si colmi il calice”). Thomas Yun spicca poco come Macduff, avaro in espressività pur nella correttezza delle note. Dario Di Vietri e Carlo Di Cristoforo sono rispettivamente Malcom e il medico; Miriam Artiaco è una precisa Dama dalla chiara voce. A completare il cast Andrea Pistolesi nei ruoli maschili (domestico, sicario, araldo) e Marta Torbidoni e Giorgia Ballatori come apparizioni. Molti i figuranti che affollano il palco.

Teatro esaurito, pubblico in sala fino alla fine nonostante la durata quasi wagneriana, tutti rapiti dallo spettacolo. Molti applausi per un vivo successo.
Ora l'attesa è per la prossima Lucia di Lammermoor e il suo protagonista maschile, Gianluca Terranova, volto noto anche al pubblico televisivo grazie alla fiction Caruso.

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