Lirica
MACBETH

Rovigo, teatro Sociale, “Macb…

Rovigo, teatro Sociale, “Macb…
Rovigo, teatro Sociale, “Macbeth” di Giuseppe Verdi LE INQUIETUDINI DI MACBETH É sempre cosa bella vedere come i piccoli teatri, spesso con scarsità di mezzi (ma consorziati), riescano a mettere in scena grandi titoli con ottimi risultati: è il caso di questo Macbeth la cui regia è opera di Andrea De Rosa. Il regista individua il dramma nell’ineluttabile avverarsi dei desideri più nascosti ed inconfessabili dei due protagonisti: Macbeth e la Lady. Le streghe, infatti, gli rivelano di quali malvagità possa macchiarsi la loro ambizione ed entrambi percorrono inesorabilmente il loro tragico destino di morte quasi in una dimensione onirica, spinti da un fato da loro cercato e rappresentato da tre fanciulle in abiti bianchi. Le scene di Alessandro Ciammarughi sono essenziali, tenebrose e inquiete, come inquieto è il protagonista; regna sempre un cielo cupo, nero, anticipo di temporale, specchio della decadenza morale di Macbeth e della moglie e si rischiarerà solo alla fine con la morte dell’usurpatore. Anche la quinta di rete metallica, sempre presente in scena, che, come un diaframma, tende a dividere due mondi, quello onirico e malvagio delle streghe e di Macbeth con quello degli eroi positivi, sparirà alla morte del protagonista. Il trono di Macbeth si erge sulla tomba di Duncano che diviene anche il talamo su cui il nuovo re di Scozia è turbato dai funesti incubi notturni. Ciammarughi ha curato anche i costumi, caratterizzati da reale storicità. Il cast è stato nell’insieme accurato e convincente. Molto bravo il Macbeth del baritono Alberto Gazale: lo scavo espressivo e la varietà di chiaroscuri e di accenti hanno centrato la complessità del personaggio; notevole anche il timbro morbido, rotondo e la sua tenuta vocale, certamente uno dei migliori giovani baritoni verdiani. Diverso il caso del soprano ucraino Olha Zhuravel. La sua Lady è di gradevole presenza scenica, ma è priva di mordente; non ha la forza del soprano drammatico che ci si aspetterebbe per il personaggio; certe sue asprezze diventavano immediatamente funzionali ad un canto che Verdi stesso avrebbe voluto cupo e soffocato. Deludente la scena del sonnambulismo. Decisamente bravo il Banco del basso Francesco Palmieri che, oltre ad un’ottima presenza scenica, ha evidenziato una bella voce; così pure il Macduff del giovane tenore Stefano Ferrari, tecnicamente ancora un po’ immaturo ma di notevole rilievo vocale. Con loro Maria Letizia Grosselli, nella Dama di Lady, e Cristiano Olivieri in Malcom. Una rivelazione si è dimostrato il giovane maestro Giampaolo Maria Bisanti, che ha già alle spalle una carriera di tutto rispetto. Bisanti ha diretto con maestria, energia, compattezza e incisività l’Orchestra Filarmonia Veneta Malipiero, dimostrando una maturità ed una continuità drammatica da grande direttore. Nel Macbeth assume un ruolo di protagonista il Coro: il direttore Luigi Azzolini ha saputo portare la resa artistica del Coro del Teatro Sociale di Trento ai massimi livelli, dando il meglio di sé nella parte delle streghe e nei due cori finali: “Patria oppressa” e “Ov’è l’ursupator”, molto apprezzati dal pubblico. Di scarso effetto e piuttosto banali le coreografie di Anna Redi per le danze eseguite dal corpo di ballo del Teatro Sociale di Trento. Il pubblico, all’inizio piuttosto freddo, si è poi lasciato coinvolgere dalla musica, concludendo la rappresentazione tra ovazione ai cantanti e agli orchestrali. Visto a Rovigo, teatro Sociale, il 4 aprile 2008 Mirko Bertolini
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al Sociale di Rovigo (RO)