Lirica
MADAMA BUTTERFLY

Una farfalla nel canneto

Una farfalla nel canneto

Il teatro Sociale di Rovigo apre la sua 196ª stagione lirica con uno tra i titoli più amati e più rappresentati del mondo operistico: Madama Butterfly di Giacomo Puccini, una coproduzione che vede in scena l'allestimento del Comunale di Bologna del 2009, con la regia di Fabio Ceresa e le scene di Giada Tiana Claudia Abiendi.
Sul palcoscenico rodigino la parabola tragica di Butterfly, che da quella fanciulla pressoché abusata da Pinkerton si trasforma ben presto nella donna matura simbolo trascendentale dell’amore materno, scenicamente si traduce in un circuito delimitato da canne di bambù, dove la farfalla-Butterfly rimane imprigionata. Il forte cromatismo di lacche rosse e nere caratterizza l’intero spettacolo, a rimarcare in modo netto i sentimenti dei protagonisti. Spiega il regista Fabio Ceresa: “Cio Cio San e Pinkerton si trovano a incarnare gli opposti dello spirito e della materia. L’oceano pacifico che divide le due civiltà è il centro nevralgico del dramma: tutta l’incisività del testo nasce dal tentativo di attraversare il mare, di legare in un unico nodo due mondi che non potrebbero essere concettualmente più lontani”. La casa di Butterfly, al centro della scena, è “una sorta di tempio tradizionale giapponese circondato dall’acqua. Nel secondo atto, la struttura della casa si scompone per formare un canneto, un giardino incolto, sospeso. Nel terzo atto la struttura centrale, scarnificata, rimane da sola al centro dello spazio, completamente circondata dall’acqua, in una struggente solitudine che presagisce il suicidio finale”.
Oggetti minimi dunque sulla scena, giustificati dall’esiguità del mondo e dalla vicenda di Cio-Cio-san, ma l’ondata di commozione che coglie sempre lo spettatore durante il coro a bocca chiusa poteva avere effetto maggiore qualora si fosse puntato più sulla durata dell’episodio onirico che rappresentava Pinkerton tornare tra le braccia della donna, proprio come ella era arrivata a lui nel primo atto.

Al centro della scena domina la casa di Butterfly, costruita con elementi che nel corso dell’opera vanno smontandosi. E’ una costruzione più che essenziale, che allude alla gabbia e al tempo stesso a una palude, a un acquitrino. Così, l’armonia e la compostezza del primo atto lentamente vanno distruggendosi, sino alla casa trasformata in zattera in mezzo ad un mare dove la protagonista sceglierà il suicidio nel terzo atto. Determinanti nella suggestiva resa della finzione scenica anche gli affascinanti costumi di Massimo Carlotto e le luci di Roberto Lunari, ben in linea con un allestimento che nel suo complesso è riuscito ad evitare esotismi troppo di maniera.

Come è ormai tradizione, l’opera che inaugura la stagione lirica rodigina è quella scelta per i vincitori della quarantunesima edizione del concorso internazionale per cantanti lirici Toti Dal Monte. Un cast molto eterogeneo, perciò, che ha ottenuto un risultato accettabile nel suo insieme. Nel ruolo del titolo la giapponese Yasko Sato; indubbiamente, da un punto di vista scenico, pienamente nella parte, a cui ha saputo dare un tocco decisamente raffinato, ingenuo ma nello stesso tempo drammatico; una voce che dimostra alcuni limiti, come negli acuti e negli sfumati, ma che complessivamente ha dato una buona prova, buon sostegno nelle note centrali e medio-acute, dizione accurata; è stata molto apprezzata dal pubblico rodigino, particolarmente applaudito il suo Un bel dì vedremo, risolto con un fraseggio semplice e senza concessioni all’effetto plateale.
Il tenore Giuseppe Talamo è stato un Pinkerton convincente, padrone della parte e con una buona voce che si espressa al meglio nell’ultimo atto. Evgeniya Rakova ha interpretato una Suzuki discreta, con bella voce, peccato che in qualche punto sparisse coperta dall’orchestra; da migliorare la dizione. Chiamato in sostituzione, il baritono Elia Fabian ha dimostrato una bella voce dal timbro scuro e la correttezza dell’interpretazione: un ottimo Sharpless. Buona presenza scenica e correttezza nell’esecuzione per il Goro del fiorentino Eduardo Hurtado Rampoldi. Non sempre all’altezza del cast i comprimari.

La direzione di Nicola Marasco è stata smagliante e senza forzature, priva di enfasi ma nello stesso momento efficace e drammatica; un dubbio sull’orchestra Regionale Filarmonia Veneta, spesso disarticolata e indipendente. Buona la prova del coro Lirico Veneto diretto dal Maestro Giuliano Fracasso.

Lo spettacolo è stato accolto dagli applausi ripetuti e calorosi di un pubblico folto delle grandi occasioni.

Visto il
al Sociale di Rovigo (RO)