Il pubblico non fa in tempo ad apprezzare la scena del minuscolo teatro Stanze Segrete, tutta coperta di tessuto bianco (tranne alcuni enormi specchi, a parete) nella quale si intravede la sagoma di qualche dipinto, coperto anch'esso di abbondate panneggio chiaro, che Maturina, la fantesca di messer Da Vinci, lo accoglie come si addice a una domestica solerte quale lei è.
Rivolgendosi al pubblico direttamente, Maturina si informa, chiede di chi è al cospetto, se dei banchieri di San Giorgio cui vuol affidare dua ducati d'oro che Da Vinci le ha lasciato in eredità, o agli incaricati dei due eredi nominati nel testamento, Francesco Melzi, cui vanno gli scritti del Maestro, o Jacomo Caprotti, cui il Maestro aveva dato il soprannome di Salaj (satanasso), cui andranno le dipinture.
Il primo approccio è in lingua toscana, poi in lingua francese. Assodato che gli astanti la intendono se parla la lingua di Toscana, la fantesca mentre chiede chi son quei signori e quelle dame vestite di così strane fogge, racconta, millanta, interpreta, acuta e un po' ingenua, modesta e ambiziosa, discreta e desiderosa di dire quel che sa sul Maestro e la sua vita.
Patrizia La Fonte allestisce una macchina drammaturgica affascinante quanto una delle macchine di messer Leonardo, regalandoci uno splendido personaggio che si relaziona col pubblico con gli occhi e la cultura rinascimentali, in un gioco divertente e divertito, colto ed elegante, arguto e umile, nel quale, senza darlo a vedere, mette in campo una profonda intelligenza, teatrale e umana, regolata da un gusto e una misura così squisitamente uniche da indurre davvero a credere che, entrando per il teatro, si sia tornati indietro nel tempo di diversi secoli. Che, insomma, siamo davvero ad Ambois, nel novembre del 1519, nel disimpegno accanto alla cucina del maniero di Clos Lucé, maniero dove il Maestro è morto il 2 maggio dello stesso anno mentre era ospite di re Francesco I.
La camaleontica capacità di La Fonte di essere e non di interpretare Maturina, presentandosi con la lingua e il linguaggio del corpo di una donna degli inizi del 1500, il suo splendido costume, una guarnacca portata sopra una gonnella e un copricapo costituito da un velo, raccolto a mo' di turbante, il modo di ragionare, raccontare e spiegare, basati spesso su metafore, come si usava nella letteratura, e non solo, dell'epoca imbastiscono un gioco con il pubblico,condotto con un grande gusto per il divertimento e l'ironia.
Maturina critica gli stracci che il pubblico indossa, classificando le calze indossate da una spettatrice come braghe maschili tanto da chiederle se sta comoda in quei panni di uomo, impiegando la differenza culturale anche come mezzo per ripensare e de-costruire gli stereotipi e i cliché della nostra contemporaneità.
In questo gioco drammaturgico allusivo e pieno di rimandi e citazioni emerge l'umanità di Maturina, sia quando millanta di aver ispirato lei a Leonardo la sua scrittura segreta - proprio per tener nascosti i suoi scritti a una donna del volgo capace, però, di leggere -, sia quando si rammarica che messer Jacomo Caprotti - uno dei discepoli che Leonardo ha amato di più - non si sia fatto vedere quando il Da Vinci stava per morire.
Così mentre ammette che se ha coperto col tessuto la dipintura di monna Lisa è perchè le pare che quegli occhi la seguano ovunque lei vada, spiega anche perchè, secondo lei, in quel ritratto si possa ravvedere una somiglianza con Leonardo o con lo stesso Caprotti, il quale non s'è fatto scrupolo di imitare la dipintura del maestro in una serie di quadri suoi che Maturina cerca di vendere agli astanti con scarso successo.
Tra pensieri e gusti culinari del Maestro che, da brava fantesca, Maturina riporta regalandoci anco due ricette - una deliziosa acqua di rose, fatta con succo di limone e petali essicanti del fiore e un'anguilla all'arancia cotta alla brace e poi condita col succo dell'agrume arricchito di spezie, Patrizia La Fonte propone un personaggio di straordinaria invenzione (una Maturina è davvero citata nel testamento di Leonardo ma per il resto nulla si sa di lei) che le permette di restituire uno sguardo su un mondo per noi altro riportato in vita con arguzia e ironia.
Tantissimi gli spunti che lo spettacolo offre, tra riflessione e studio, tra analisi e rivisitazione, declinati secondo determinati punti di vista.
Il punto di vista femminile, in un mondo fatto dagli uomini e per gli uomini, nel quale Maturina si avventura con alcuni strumenti in più rispetto le altre fantesche, quella capacità di leggere che se le è comoda per la professione, leggere qualche nota per la dispensa lasciatale dal Maestro, le è d'impaccio perchè la fa accedere a un mondo di conoscenze per le quali non ha, prima ancora che gli strumenti culturali, il diritto morale di accedervi essendo donna.
Soprende l'attualità di una lingua altra come il toscano del 1500 che La Fonte usa con calibrata discrezione (e una raffinata ricchezza lessicale) risultando di una sorprendente comprensibilità anche per un pubblico contemporaneo (questo perchè, a differenza che nella storia di altre lingue, il fiorentino del '500 è molto vicino all'italiano contemporaneo) che .
Maturina Fantesca, erede di Leonardo Da Vinci si distingue anche per il sottile gusto drammaturgico metateatrale col quale La Fonte, facendo rivolgere Maturina direttamente al pubblico, lo rende personaggio della rappresentazione, abbattendo la barriera del teatro borghese tra platea e palcoscenico.
Da elegante e sofisticato animale da palcoscenico qual è, Patrizia La Fonte non perde mai di vista il gusto per l'intrattenimento, per il divertimento arguto e ironico, come l'incalzante sequela di ipotesi per indovinare l'identità del pubblico-personaggio (c'è anche un attore che si finge spettatore, giunto in ritardo, il quale, alle incalzanti domande di Maturina, si adegua alle esigenze della fantesca diventando anch'egli, come noi spettatori, personaggio) o la discreta ma decisa ricerca di un nuovo datore di lavoro, ora che messere Leonardo non c'è più.
Il pubblico così coinvolto, portato nella scena, reso personaggio tanto che, in alcune repliche dello spettacolo, risponde e interagisce con il personaggioattrice, è sedotto dall'affabulazione brillante di Maturina che si sposta tra le sedie della platea costringendo gli spettatori delle prime file a voltarsi per continuare a vederla, oppure a cercarne il riflesso in qualcuno degli specchi che contornano la sala, mentre le luci gli suggeriscono dove e cosa guardare come quando, scoperta Monna Lisa, Maturina ne commenta genesi e significato secondo il suo gusto di fantesca, e il quadro è illuminato da una luce sagomata mentre Maturina rimane al buio.
Maturina Fantesca, erede di Leonardo Da Vinci oltre ad essere uno splendido spettacolo, da vedere e rivedere, costituisce anche una salutare iniezione di ottimismo perchè dimostra che nonostante la crisi non solo economica ma culturale del Paese, c'è chi resiste ancora ed è capace di proporre un intrattenimento colto intelligente e divertente.
Provare per credere.
Lo spettacolo è ancora in scena fino al 2 dicembre p.v.
MATURINA FANTESCA, EREDE DI LEONARDO DA VINCI
Uno splendido personaggio femminile.
Visto il
25-11-2012
al
Stanze Segrete
di Roma
(RM)
Maturina fantesca, erede di Leonardo da Vinci