Musica
MESSA DA REQUIEM

Il Farnese rinasce con un requiem

Il Farnese rinasce con un requiem

Nel mese di maggio 1873 si spegneva all'età di 89 anni Alessandro Manzoni, compianto dalla gente semplice e dall'uomo di strada, quanto da tutta la cultura italiana. Verdi aveva sempre ammirato - di un'ammirazione al limite della venerazione - il maggior scrittore dei suoi tempi, protagonista del romanticismo italiano e figura di riferimento del nostro glorioso Risorgimento. La sua scomparsa lo colpì molto profondamente: «Ora tutto è finito - scrisse - e con Lui finisce la più pura, la più santa, la più alta delle glorie nostre». Troppo turbato per voler partecipare alle esequie pubbliche, decise di recarsi alla sua tomba dopo qualche giorno, e da solo. Non passò molto tempo, che per il tramite di Giulio Ricordi volle prospettare al sindaco di Milano la composizione d'una "Messa da Requiem" da eseguirsi nel primo anniversario della morte dello scrittore. L'avrebbe scritta lui stesso, naturalmente, memore delle difficoltà nate un lustro prima con la progettata realizzazione della Messa, da scriversi a più mani, in memoria di Rossini. La proposta venne accettata con entusiasmo, e durante l'estate seguente il compositore diede il varo alla partitura, che dopo averlo impegnato tutto l'autunno e l'inverno venne infine terminata nell'aprile 1874. Per l'esecuzione fu prescelta la vasta chiesa di San Marco, dotata di buona acustica: cento orchestrali e centoventi coristi diretti da Franco Faccio eseguirono la "Messa da Requiem" sollevando enorme impressione; il grande successo riscosso venne replicato tra giorni dopo alla Scala con una seconda esecuzione, questa volta sotto la bacchetta di Verdi stesso. Altre due esecuzioni milanesi, dirette ancora dallo stesso Faccio, e quelle che seguirono a ruota in Italia e fuori - a Parigi, Londra, Vienna, vennero presentate nuovamente da Verdi  - la consacrarono definitivamente quale capolavoro assoluto, possente nella struttura ma permeato di una profonda spiritualità. Perfettamente inutile discutere ancora se si tratti di musica sacra o meno: sicuramente Verdi non le volle assolutamente attribuire un compito liturgico, conferendole sin dall'inizio uno scopo dichiaratamente celebrativo; né la struttura scelta e le vaste dimensioni potrebbero adattarsi ad accompagnare una funzione, seppure solenne. Ma nondimeno, al pari del "Deutsches Requiem"di Brahms, la "Messa da Requiem'" è opera profondamente, intrinsecamente religiosa, a dispetto delle ripetute professioni di laicità del suo autore; e tutta pervasa da una religiosità che attinge ad un Medioevo mistico e primitivo al tempo stesso, riletto però attraverso la coscienza umanistica e contemporaneamente positivistica di un musicista di fine Ottocento.
Ripetutamente presente al Festival Verdi - nel 2009 venne diretta da Lorin Maazel - quest'anno è stata affidata a Yuri Temirkanov: due le esecuzioni - il 6 e 8 ottobre - con un quartetto vocale d'eccezione formato da Roberto Aronica (sostituito poi da Francesco Meli, perché indisposto, nella seconda serata alla quale abbiamo presenziato; e poi Dimitra Theodossiou, Sonia Ganassi, Riccardo Zanellato. Esecuzione indubbiamente da ricordare: il direttore russo, più volte chiamato negli ultimi tempi a cimentarsi in questo testo tende a smussare gli spigoli di una partitura fortemente melodrammatica, legandone in le varie situazioni emotive in una sorta di racconto continuativo; privilegiando un tono colloquiale, intimistico, come di segreta confessione spirituale, senza per questo tralasciare quel sottile gioco di luci ed ombre, di esplosioni sonore e trattenuti silenzi, di violenza drammatica e riflessioni interiori. Traendo il meglio dalle compagini del Regio - l'efficiente Orchestra del Regio e l'eccellente coro diretto da Martino Faggiani - Temirkanov ha offerto un'esecuzione magistrale e foriera di emozioni, che ha elettrizzato il pubblico presente nella immensa sala del barocco Teatro Farnese. Un ulteriore obiettivo verdiano pienamente centrato, dopo la "Traviata" affascinante di quattro anni fa. Nel determinare questo grande successo personale di Temirkanov, fondamentale l'apporto dei solisti vocali: emozionante la Theodossiou nel Libera me Domine, rilucendo quel suo radioso, felpato registro medio; trascinante Meli nell'Ingemisco; avvincente la vellutata, ambrata vocalità della Ganassi nel Liber scriptus, vigoroso Zanella nel Mors stupebit e nel Confutatis.

Visto il
al Farnese di Parma (PR)