METAMORFOSI / SCATOLA NERA

"Ciao faccia bella, g…


	"Ciao faccia bella, g…

"Ciao faccia bella, gioia più grande./ Il tuo destino è l’amore./ Sempre. Nient’altro. Nient’altro nient’altro!" Con le parole di Mariangela Gualtieri in un sentito 'bis' Roberto Latini chiude la serata, conciliandosi con la speranza dopo un passionale percorso tra gli amori 'dolorosi' in Metamorfosi Scatola Nera. Lo spettacolo è l'ultimo atto di un percorso in tre giorni, in tre spettacoli diversi e con diversi attori, che Roberto Latini (Fortebraccio Teatro) ha ideato e diretto con "Metamorfosi (di forme mutate in corpi nuovi)" da Ovidio. L'ultimo e profondo atto.

Il sipario si muove, come se ci fosse un vento, ma è l'alito, l'anima dei personaggi forse. Diverse storie che piano piano prendono voce. La scena ha al centro una sedia, il vero sipario dove di parrucca in parrucca l'attore-voce prende forma. E' qui che il meccanismo del vero/finto teatrale viene svelato: camerino mancato o soglia spiega il farsi del teatro, è il luogo dove l'attore respira l'attimo prima di diventare personaggio. Attorno ci sono microfoni che amplificano, ovattano, delineano la voce-corpo di Roberto Latini. Microfoni che vivono lo spazio e obbligano ad altezze diverse: a mo' di fiori, sul lato sinistro obbligano a parlare a terra, a mo' di concerto sul lato destro obbliga a stare in piedi. Il microfono-limite piega il corpo che, in quanto voce vive nel suono.

Entra in scena un clown, forse, che poi pian piano si trasforma, evolve: il suo naso rosso diventa un anello, di storia in storia perde parti del suo vestiario, dalle orecchie ridicole, dai guanti alle scarpe alla gonna per ritrovarsi alla fine spoglio, essenziale. Per ogni storia raccontata l'attore indossa una parrucca, messa in scena, sulla sedia-camerino, fino ad arrivare all'essenza della testa calva. I personaggi vivono tutti in un solo corpo, a volte più di uno insieme, ben riconoscibili in una voce fisica, che identifica senza sbavature il senso. Metamorfosi di un corpo camaleontico come quello di un attore in cui l'onestà del gesto e del sentire è vivida poesia. L'unica verità è il meccanismo di un uomo-corpo recitante, che nella poesia/miracolo del Teatro diventa vivo.

Il tormento di Eco, la storia di Iago, e il gesto di ricerca-assenza di Orfeo, o Coronide e il Minotauro, sono pretesti per parlare di Anima. L'altra unica realtà che prende corpo nella bravura di un attore come Roberto Latini che con onestà vive il suo ruolo di mediatore di storie e di anime. Il ritmo delle parole, ben sostenuto, a volte adagiato a volte contrastato dal suono, incanta nella sua chiara e sempre molto fisica capacità di rendere vivi i personaggi. Di immagini l'attore/personaggi, ne ha regalate tante, aiutato dai colori delle luci, dagli oggetti del vestiario vissuti anch'essi come vivi, ma soprattutto da una voce plastica, reale, docile e aggressiva quando serve, sempre lucida compagna di un viaggio nel profondo in cui, a frammenti, di dolore in dolore, di disillusione in disillusione non è possibile non identificarsi. Fino alla pace finale, che vive in un 'bis' a sorpresa, in un dono ulteriore, conciliante in cui sono protagoniste parole che ricordano il possibile amore per la vita, la necessità di avere uno sguardo lucido in cui nonostante tutto si riconosce ancora bellezza e ancora capacità di compassione. Non potevano che essere le parole di Mariangela Gualtieri, fuori dal mito, un tuffo nella poesia capace di coinvolgerci e sostenerci." Noi siamo solo confusi, credi./Ma sentiamo. Sentiamo ancora./ Siamo ancora capaci di amare qualcosa./Ancora proviamo pietà".

Visto il 15-01-2017
al Sala Ichòs di Napoli (NA)