Il Teatro Ponchielli ha inaugurato quest'anno la sua stagione lirica con A Midsummer Night’s Dream di Benjamin Britten, titolo finora mai rappresentato a Cremona, ed inserito all'interno di un progetto assai interessante dedicato a William Shakespeare in occasione dei quattrocento anni dalla sua morte, un progetto innovativo e unitario in cui l'opera di Britten viene vista in stretto parallelo con il proprio equivalente in prosa, ovvero Sogno di una notte di mezza estate, nella versione realizzata dal Teatro Elfo Puccini di Milano. La regia in entrambi i casi è stata affidata alle abili mani di Elio de Capitani, coadiuvato per quanto concerne lo spettacolo di lirica da Ferdinando Bruni: la scelta, al fine di sottolineare meglio il parallelismo, è stata quella di utilizzare come base il medesimo allestimento, costituito da un’architettura di ispirazione classica dotata di un frontone e di tre fornici per rappresentare la città, la civiltà, il mondo degli umani, la quale finisce poi per scomparire, così da far posto al mondo delle fate, degli elfi, del bosco, simboleggiato, invece, da una serie di fronde verdeggianti calate dall'alto. Ai lati del palcoscenico mobili accatastati ad incarnare il ricordo, sopra i quali i personaggi del mondo dell'irrazionale si siedono spesso ad osservare le vicende che vedono come protagonisti gli umani. Ottimo il coordinamento registico dell'insieme che consente allo spettatore di immergersi in un mondo di fiaba in cui si aggirano fate barbute e chiassosi folletti, all'interno di un quadro complessivo in cui la gestualità risulta curata in ogni dettaglio e in cui le luci, pensate da Nando Frigerio, e i costumi, opera dello stesso Ferdinando Bruni, contribuiscono non poco alla buona riuscita dell'esperimento.
Ottima orchestrazione, attenta ad ogni dettaglio timbrico, per Francesco Ciluffo, alla direzione dell'Orchestra I Pomeriggi Musicali. Momenti ricchi di pathos si alternano a istanti di magia, ben sottolineati dai glissandi degli archi e dal suono dolce e cristallino della celesta, in un insieme che nulla trascura e che, nel contempo, tutto misura con certosina attenzione.
Di grande impatto scenico l'Oberon di Raffaele Pe: la voce risulta ben proiettata e omogenea in tutti i registri, il timbro piacevolmente vellutato; l'alta statura, il volto dipinto di bianco e le ampie vesti di foggia baroccheggiante gli conferiscono un'aria eterea, quasi spettrale, che ben si accorda col personaggio. Al suo fianco la volitiva Tytania di Anna Maria Sarra, dotata di uno strumento potente e dal timbro squillante, estremamente solido in acuto, che non si è fatta intimorire dalle difficoltà di una partitura certo non semplice. Molto buone anche le due coppie di amanti rappresentate dal Lysander di Alex Tsilogiannis e dalla Hermia di Cecilia Bernini: timbro pulito e facilità di emissione per il primo, intonazione precisa e voce luminosa per la seconda; ad essi fanno da contraltare il Demetrius di Paolo Ingrasciotta e l'Helena di Angela Nisi, entrambi dotati di ottime qualità sceniche e canore. Per quanto concerne il gruppo degli artigiani, Zachary Altman, che spicca per correttezza di pronuncia (visto anche il fatto che è di madrelingua inglese) e per il bel colorito scuro e brunito dello strumento, ben delinea un personaggio che nasconde un fondo di ingenuità sotto un velo di rozzezza. Maliardamente seduttivo e ipnoticamente insinuante l’ottimo Puck di Simone Coppo.
Con loro: Federico Benetti (Theseus), Arina Alexeeva (Hippolyta), Nicholas Masters (Quince), Roberto Covatta (Flute), Rocco Cavalluzzi (Snug), Claudio Grasso (Snout), Dario Shikhmiri (Starveling), Alice Bettoli (Moth), Sofia Butti (Cobweb), Sveva Quattrone (Musterdseed), Chiara Vasarotti (Peaseblossom). Molto buona la prova del Coro di voci bianche Mousikè - SMIM Vida di Cremona ben preparato da Raul Dominguez.
Molti applausi e pubblico entusiasta per una rappresentazione davvero di qualità che mostra ancora una volta l’estrema vitalità dei nostri teatri di tradizione e la loro capacità di allestire spettacoli di alto livello.