Prosa
MIRACOLI E CANZONI

Uno spettacolo strano. Verone…

Uno spettacolo strano. Verone…
Uno spettacolo strano. Veronesi, alla sua prima regia teatrale, l’ha definito un “work in progress”, ossia, nato pezzo per pezzo e quindi ancora da completare e sistemare. Un po’ si vede, in effetti. Beninteso, non è un brutto spettacolo, anzi. Ma c’è qualcosa di indefinibile che non convince fino in fondo, che si potrebbe definire ossimoricamente come “ordinata confusione”, che poi è forse la peculiarità dei “lavori in corso”. Questo spettacolo presenta un collage di canzoni, gags e pezzi recitati, messi di volta in volta in mano ad Alessandro Haber e Rocco Papaleo, poco in duetto e spesso in assolo. Due artisti trasversali che nella loro carriera di attori hanno inserito, con ottimi risultati, anche la musica. L’inizio suscita qualche perplessità: c’è un substrato di quella accennata minuziosa confusione, in cui non si capisce cosa stIa succedendo, che spettacolo sia e come vada preso il tutto. Poi si assesta; il puzzle prende forma e ci si lascia trasportare da questa altalena di teatro e di vita. Haber canta, ma non è l’Haber di “Tango d’amore e di coltelli” (ah, che capolavoro!); piuttosto reintepreta pezzi come “Insieme a te non ci sto più”, “Almeno tu nell’universo”, “Vita spericolata” , “Margherita”, “ A chi” . Papaleo si alterna in scena con le sue canzoni dal giocoso sapore nonsense, spalleggiando Haber nelle gag recitate e auto-spalleggiandosi nei pezzi a lui più consoni. Un two-men show particolare, a tratti molto efficace, a tratti solo discreto, ma supportato comunque per la maggior parte dall’Alessandrone Nazionale, più avvezzo e più “scenografico” del mingherlino Papaleo. Quest’ultimo in questo show ha qualcosa di diverso dal solito, un che di “scoordinato”, come il terreno durante le scosse di assestamento, eppur di impatto, giusto contraltare all’indimenticato Zio Vanja bolognese. Entrambi si devono ancora un po’ affiatare; per il momento si annusano tra il sospettoso e il cordiale, complementari nella loro diversità. Da un lato Papaleo, cantautore di livello e di nicchia, ma anche scanzonato e un po’ guaglione; dall’altro Haber col suo inconfondibile piglio tormentato, dal cliché umano e professionale nevrotico, da poco rinverdito ma ulteriormente reso ansioso dalla paternità. Strepitosa la gag sui Miracoli (dal titolo omonimo): esauriti quelli altruistici, Haber vorrebbe vincere l’Oscar. Da protagonista, attenzione, alla faccia dei ruoli da gregario. Papaleo, conduttore della Notte dell’Academy (!) gli imbastisce la pantomima, con tanto di luci ad hoc, smoking, nominations e pseudo-statuetta. Solo questa gag vale il prezzo del biglietto; se poi ci si aggiunge l’interpretazione di Haber di quel capolavoro che è “La valigia dell’attore” (scritta proprio per lui da De Gregori), lo sconquassamento cardiaco è assicurato. Ottimo il supporto musicale degli strumentisti; bella anche l’idea di saltare l’intervallo e di spiegarne il perché, concedendolo invece solamente agli attori. Senza dubbio uno spettacolo di qualità – e non solo per i nomi – ma anche migliorabile, livellando qua e là e aggiustando il tiro su alcuni dettagli. Tra questi, qualche scurrilità di troppo all’inizio, non funzionale allo spettacolo, che crea nel pubblico quel sottile imbarazzo che ne condiziona lievemente il giudizio finale. Le conseguenze del work in progress, senza dubbio, ma, a ogni modo, l’intenzione di Veronesi non era quella di fornire un prodotto confezionato e chiavi in mano, bensì di crearlo man mano, con l’aiuto degli stessi canta-attori. Un sette e mezzo di stima, ma anche di fiducia. Sarebbe curioso rivederlo magari tra un paio di mesi, per verificare a che punto sono i lavori. E, nel frattempo, petizione nazionale per candidare Haber all’agognata cinquina degli Oscar. Milano, Teatro Ciak, 14 novembre 2006
Visto il
al Puccini di Firenze (FI)