Morte di un commesso viaggiatore è il testo più conosciuto dell’opera drammaturgica di Arthur Miller. L’allestimento diretto e interpretato da Elio De Capitani mette al centro l’apparenza, quella perenne – e finta – costruzione di noi stessi come vorremmo essere.
Il regista ha scelto infatti di dare a questo allestimento un sottotitolo – In His Head – che corrisponde a quello che avrebbe dovuto essere originariamente il titolo dell’opera.
La rappresentazione dell'American Way-of-Life
Willy Loman è un commesso viaggiatore di 63 anni, ossessionato dall'idea del successo e dal perseguimento ad ogni costo della felicità materiale indotti dall’American Way-of-Life. L'uomo vive un rapporto conflittuale con il figlio primogenito Biff (Angelo Di Genio), all’apparenza uno scansafatiche; il secondogenito, Happy (Marco Bonadei) sarebbe più incline a seguire le aspirazioni di suo padre, ma il rapporto tra i due fratelli (un amore/odio tanto goliardico e cameratesco, quanto viscerale) è segnato dallo scontro tra le aspirazioni che non trovano realizzazione del secondo e il consapevole fallimento materiale e umano del primo, che alla fine arriva a rivendicare la propria mediocrità e l’inclinazione a non inseguire il mito della ricchezza.
Un destino di follia
Prigioniero della propria mente, in un’atmosfera onirica, Willy comincia a evocare ricordi del passato, che cominciano a confondersi con un presente fatto di traguardi raggiunti con fatica o ancora vagheggiati.
Gli strani atteggiamenti del marito persuadono l’amorevole e determinata moglie, Linda (Cristina Crippa) a non lasciarlo solo, nel timore che egli possa compiere qualche follia. Ma lo scoramento e la follia hanno comunque il sopravvento e Willy esce di casa, mettendosi alla guida della propria automobile, in una disperata corsa verso un “destino riparatore”.
Critica alla classe media
Sempre in bilico tra piccole soddisfazioni e profonde frustrazioni che innalzano il senso della mediocrità della middle class del dopoguerra americano, il dramma di Miller rappresenta una spietata critica al benessere e al successo, che spingono molte persone, ancora oggi – in una congiuntura economica mondiale ancora poco favorevole - a inseguire il sogno americano.