Prosa
NEL CAMPO DELLE VIOLE

I fiori della legalità nel campo delle viole

I fiori della legalità nel campo delle viole

E’ il piccolo, ma suggestivo, teatro The Poche che ci accoglie giovedì sera. La prospettiva è cambiata e si è moltiplicata. Se normalmente la grotta di questo teatro protegge lo spettatore che non viene mai ingerito completamente dalla rappresentazione, questa volta ci si è ritrovati al centro di 4 quattro punti focali, circondati dalla storia, senza via di scampo. Una scelta ragionevole, opera dell’autore e debuttante alla regia Diego Sommaripa.
Vi dirò, ero arrivata a teatro prevenuta riguardo l’argomento. Ci sono periodi dove alcune problematiche come, in questo caso, quelle della camorra, della mafia e dalla criminalità organizzata, sono ripescate dall’oltretomba dell’indifferenza e diventano argomento quotidiano di dibattito su cui all’improvviso tutti sono chiamati a dire la propria, che spesso è sempre la stessa. Questo è uno di quei periodi, in cui abbondano e strabordano opere, non solo teatrali, che si accollano il duro compito di sensibilizzare lo spettatore su questo argomento, finendo, invece per anestetizzarlo e risultare banali.
“Nel campo delle viole” si è invece rivelato uno spettacolo particolare. Come accennavo all’inizio , la scelta di porre lo spettatore al centro ha una sua validità e un suo senso. Il punto di vista è quello delle vittime, “splendidi fiori, meravigliose testimonianze di esistenza”, vittime che dell’aldilà si riprendono la propria vita , il proprio diritto di costruirsi, paradossalmente, un futuro nell’eternità. Attraverso il ricordo che li lega ai vivi possono ispirare chi è rimasto nel mondo  a cambiarlo a renderlo un posto migliore, con la forza che solo l’infanzia e il gioco possono avere .In Questo non luogo, a cui tutti sono destinati buoni e cattivi, vittime e carnefici , Simonetta lamberti (Claudia De biase) , Antonio Landieri ( Edoardo Sorgente) e Salvatore Nuvoletta (Fabio Pisano), hanno la forza di opporsi a coloro che vilmente e ingiustamente li hanno strappati alla vita. Una forza che alla fine acquista anche la donna del politico (Paola Attilio) dopo anni di sottomissione, di sofferenza e di silenzio che l’avevano resa, in fin dei conti, colpevole quanto l’uomo che amava. La messa in scena si muove su più piani narrativi: parola, musica  e immagini che circondano lo spettatore, che non può non chiedersi se anche lui si trovi insieme coi nostri protagonisti , nel campo delle viole, accomunati dallo stesso destino e ispirati, ci si augura, dalla stessa idea di futuro. Ma lo spettatore non è solo sullo stesso piano delle vittime ma anche dei carnefici, ” la loro gente”, acquistando così un’ambivalenza chiaroscurale, sottolineata anche dalla centralità della platea, ad un certo punto addirittura attraversata dai nostri camorristi.
E’ a questo punto che, purtroppo, la narrazione, per questi sfondamenti di campo e mescolanza tra due , supposte, dimensioni diverse confonde un po’ le carte in gioco. Il rapporto tra le due parti , bianche e nere, non è chiarissimo. Alcune incongruenze , sembra possano trovare spiegazione solo ad un livello superiore, metaforico,  non narrativo. Sorge infatti il dubbio che vita e morte non siano scenicamente distinte e che tutto è ambientato nell’aldilà, a dispetto di quanto mi sembra di aver  capito dalle note di regia.
In ogni caso un testo e una regia particolari,  che mescolano bene le parti corali con quelle monologiche , arrivando al pubblico si in profondità ma delicatamente. Le musiche dal vivo di Marcello Cozzolino e la voce della De Biase creano l’atmosfera giusta, aiutando lo spettatore ad immergersi in un’altra dimensione.. Questo è stato possibile anche grazie alla recitazione pregnante di giovanissimi attori ,che hanno illuminato il testo e sono stati capaci di materializzare sulla scena individui a tutto tondo e allo stesso tempo la loro stessa reiterazione, condizione inevitabile  delle vite stroncate. Anche per quanto riguarda i personaggi negativi ,il Politico (Ivan Boragine) e Corrado(Salvatore Presutto), cioè la mente e la mano, sono personaggi ambivalenti , ricchi di sfaccettature, di lati in ombra che talvolta ci permettono uno sguardo più approfondito sulle motivazioni. Vero protagonista, deus ex machina è però il tempo, Il tempo uguale per tutti , giudice e boia supremo della vita umana.

Visto il
al Theatre de Poche di Napoli (NA)