Eccoci, così in sala, ad attendere di essere riportati indietro nel tempo, addirittura fino al 1866, l’anno in cui fu messa in scena per la prima volta “La Francesca da Rimini” del maestro Petito, attraverso la rivisitazione dei fratelli Giuffrè. Prima di arrivare alla meta , in questo viaggio a ritroso, facciamo una capatina al Salone Margherita, agli anni d’oro del varietà. Ritroviamo il presentatore, il fine dicitore,il cantante e la chantosa; ed ancora comici e macchiettisti , sketch e parodie, riportati in vita da un passato lontano, e che sono riusciti a colmare, conquistando il consenso di un pubblico vario anche per età, quella distanza di gusto che ci divide, inevitabilmente, da quello d’inizio secolo. La compagnia ha recuperato il rapporto diretto con lo spettatore, derivato dalla quasi inesistenza della quarta parete, dalla metateatralità e da veri e propri sfondamenti di campo, con “intrusi” seduti in poltrona (Carmine Gambardella), che sembrano estendere l’area scenica a tutto lo spazio della sala; una novità pazzesca all’epoca di Petito, una caratteristica peculiare del teatro di varietà e una nostra piacevole riscoperta abbinata a queste forme di spettacolo. La coppia Aterrano- Di Maio riesce a tenere la scena con ritmi abbastanza serrati e trovate comiche, incentrate sull’equivoco di doppi sensi con finali paradossali, che nella loro tradizionalità, sorprendono, ancora, il pubblico; Oscarino di Maio continua ed onora la tradizione di famiglia, accompagnato da un Mario Aterrano , che pur provenendo dal teatro serio, si trova a suo agio in questa veste comica. Ivano Schiavo si distingue per la sua energia nell’interpretazione del presentatore dileggiato dal disturbatore in sala ed è a lui che viene affidato l’onore di ricordare il maestro da cui lo spettacolo prende ispirazione. Alla Camillo, come si può intuire, è affidato il “ruolo” del sex simbol dell’epoca, ovvero la sciantosa con la sua famosa “mossa”. Antonio Izzo, presente in questo primo atto come il “fine dicitore, lo ritroveremo maggiormente determinante nel secondo :la messa in scena, parodiata, della “Francesca da Rimini” di Silvio Pellico.
Il direttore del teatro, che sostituisce il pulcinella dell’originale, interpretato da Aterrano, si ritrova costretto a dover improvvisare la tragedia in questione, aiutato dai suoi “fedeli” attori farseschi e dal suggeritore-O.Di Maio. Costretto ,addirittura, dal “pubblico” d’oltralpe perché, in platea, un’intransigente e isterica signora francese ( la Camillo) pretende la tragedia, che la compagnia degli Italiani dell’Incornata non possono più mettere in scena a causa di una questione di… corna, per l’appunto. Così i nostri attori facendo calare un sipario, che nasconde ben poco e che funge da quarta parete, si accingono a provare la tragedia che prima o poi dovranno interpretare, più prima che poi. Izzo nei panni di Don Anselmo, raccoglie e mette a servizio dello spettacolo la sua esperienza. Ci ha divertito con il suo Menecuccio, personaggio simpaticissimo, Ivano Schiavi. Paradossali vestimenti, o travestimenti, equivoci , “guarattelle” stravolgono e disgregano, materialmente anche, il testo della tragedia italiana incomprensibile a queste comiche marionette napoletane. Nella bocca di questi improbabili Francesca, Lanciotto, “Pavulo”, e dei vari paggetti e soldati, tutto acquista un doppio senso e la presenza del suggeritore non aiuta, anzi, incrementa l’equivoco comico. Pur se i personaggi si erano ripromessi di non fare “lazzi”, quello che vediamo, ma che non dovremmo vedere, è a pieno titolo una farsa.
La compagnia riesce a soddisfare le aspettative ed ad allietare la serata. Nel corso delle repliche acquisteranno, di certo, tempi più stringati, raffinando una macchina teatrale già abbastanza ben oliata.
Si conferma, in ogni caso, la validità della comicità partenopea di tradizione, che gli attori hanno voluto recuperare e onorare, con un risultato positivo.
Comico
NON è FRANCESCA, DA RIMINI
Al teatro Il… "Primo di tutto si ride"
Visto il
14-03-2013
al
Il Primo
di Napoli
(NA)