Uno spettacolo da vedere

Uno spettacolo da vedere
Sulle note sbarazzine di Marcella Bella, illuminato da una una luce rossa, un ragazzo sale sulla scena, e, distrattamente più che languidamente, si spoglia, rimanendo in slip, per poi scomparire dietro le quinte. E' poi la volta di un altro ragazzo, anche lui si spoglia, svogliato, e rimane in slip, mettendosi su di un lettino. Rivediamo lo stesso ragazzo di prima, vestito con abiti comodi, avvicinarsi al lettino dove il secondo ragazzo attende, languido. La musica si interrompe, la luce rossa lascia posto a una luce forte e incolore e dai dialoghi evinciamo che il primo ragazzo è un massaggiatore e il secondo il suo cliente. Niente di osé dunque. Il semplice rapporto tra fisioterapista e paziente, ma anche tra due amici. Dario, il massaggiatore, e Andrea, il ...massaggiato, si scambiano confidenze: è Andrea più che altro a raccontare a Dario i suoi trascorsi con Sara, fantomatica e agognata ex fidanzata, scomparsa misteriosamente 5 anni prima, lasciando solamente un post-it nel quale chiedeva perdono per la sua improvvisa partenza. Andrea è centrato sui suoi bisogni, sulle sue problematiche di uomo abbandonato (anche se ha un'altra relazione che paragona sempre con quella con Sara). Dalle reazioni di Dario capiamo che Andrea gli racconta spesso le stese cose. Dario invece sa ascoltare, è più attento anche alle esigenze di questa Sara, anche se non la conosce. E' più morbido, meno maschietto. Nonostante una imprevista erezione di Andrea durante il massaggio, che Dario minimizza, capita a chi si rilassa troppo, il rapporto tra i due ragazzi non prende mai una piega omoerotica, anche se la prossemica ravvicinata del loro interloquire (quando si parlano, in certi momenti, i volti assumono la distanza di chi si vuole baciare non di chi sta discorrendo) mentre Dario massaggia Andrea, induce a pensare (o a desiderare?) altro. In alcuni eleganti flashback senza soluzione di continuità con il presente (dopo la scena del massaggio vedremo Dario e Andrea a una festa) conosciamo Sara, dolce, bella, sexy, disponibile al dialogo, e scopriamo il loro segreto. Sara e Dario si conoscono. O meglio, si sono conosciuti, anche se ora, Dario sembra non volerne più sapere di lei. Sara è tornata perché vuole che Andrea sappia la verità anche se teme che il ragazzo possa rimanerne ferito. Nascono nello spettatore una serie di domande: Sara e Dario sono stati insieme? E' a causa sua se Sara ha lasciato Andrea? Sta allo spettatore capire la verità, mentre il testo continua a imbastire una serie di possibili conclusioni. Quella vera non ve la diciamo e non solo per non rovinarvi "la sorpresa", ma, soprattutto perché per apprezzarla fino in fondo, dovete vedere lo spettacolo, dovete lasciarvi condurre per mano dal testo fino alla fine. Il percorso intrapreso dal testo, infatti, non è tanto quello del giallo (anche se il regista, Marco Medelin, lo ha paragonato ai romanzi di Agatha Christie, che dissemina il racconto di indizi, solo che sono sparsi e non subito riconoscibili) ma quello della scoperta di se stessi, dell'onestà intellettuale che ci fa ammettere di essere quel che siamo poco importa quali siano le conseguenze di questo nostro affermarci. Un percorso etico raccontato con rara delicatezza sensibilità e impegno civile. Non è una voglia "x" scritto da Gerolamo Alchieri (Attore e doppiatore) e Roberto Favaroni (corsi di formazione universitaria a distanza e scrittore) segnalato, fuori concorso, al premio di scrittura teatrale Fàrà Nume nel 2008, è già andato in scena nel dicembre 2008 al Piccolo Teatro Campo d'Arte di Roma. Viene riproposto ora in una nuova edizione (prodotta da Flavio Mazzini, per la prima volta alle prese con un testo non suo) asciugata di alcuni dialoghi, come ci ha detto lo stesso Medelin, egli stesso autore e dunque anche lui alle prese con un testo altrui, che ha curato una messa in scena precisa e delicata, merito anche dei tre giovanissimi interpreti. Riccardo Laurina sa regalare al suo personaggio quella dolce naïveté di tanti giovani eterosessuali che annaspano nei confronti del mondo femminile che sanno affrontare solo grazie a un immaginario stereotipato (per Andrea quello fetish della lingerie e dei reggipetto di una misura più piccoli per esaltare i seni) senza rendersi conto che di fronte, oltre alla donna dei loro sogni, hanno un essere umano in carne ed ossa. Silvana Spina è Sara, una giovane donna che sa amare e sa venire incontro alle fissazioni del compagno senza accettare compromessi o rinnegarsi per amore, incarnandola con tutta se stessa, in ogni momento, vibrando di tutte le emozioni cui il testo le mette a disposizione e facendo vibrare noi spettatori con lei. Raffaele La Pegna si presenta con un ruolo drammatico per lui abbastanza inedito che sa interpretare con grande disinvoltura e credibilità. Marco Medelin è molto attento ai suoi attori, dei quali cura non solo la recitazione ma anche il linguaggio del corpo, vero elemento espressivo della messinscena anche se siamo in uno spettacolo di parola, senza dimenticarsi del suo pubblico. Proprio perché il testo lo induce in errore con continue inversioni di topic (e non solo nell'incipit di cui si è detto) Medelin sostiene il pubblico mettendolo di fronte a una messa in scena precisa e coerente persuadendolo a intraprendere con fiducia un viaggio narrativo e umano che lo condurrà dinanzi una realtà diversa da quella prevista, sulla quale ragionare senza retorica. Un piccolo gioiello (e l'aggettivo si riferisce esclusivamente alla durata della pièce) che speriamo possa tornare presto in scena perché va assolutamente visto (più di quanto non lo sia già stato) e apprezzato.