Prosa
NOVECENTO

“Succedeva sempre che a un ce…

“Succedeva sempre che a un ce…
“Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa… e la vedeva. E’ una cosa difficile da capire. Voglio dire… [...] Allora si inchiodava, lì dov’era, gli partiva il cuore a mille..." Parte così il monologo "Novecento" di Baricco. Il "la" vedeva in questione era l'America. Ma, tagliando e cucendo leggermente, l'attacco è ideale per il ritorno in scena di Corrado D'Elia. Un grande nome, sul palco e dietro il palco. E ora, un altro, grande testo. Dopo Amleto, Caligola e Macbeth, D'Elia porta in scena "Novecento", il libro che ha consacrato Baricco e che ha poi sbancato al cinema grazie a Tornatore (La leggenda del pianista sull'oceano - 1998). Un monologo già portato in scena da Eugenio Allegri e da Arnoldo Foà ma, se è vero che non c'è due senza tre, serviva il terzo Re Magio per presentare ancora un testo tanto prezioso. E' la storia di Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, abbandonato in fasce su un transatlantico e poi rimastoci tutta la vita, senza scenderne mai. Novecento è un pianista eccezionale, la cui musica è misteriosa, unica, inimitabile. E la sua storia viene raccontata da Max, suo amico trombettista, compagno di viaggio e di note. D'Elia incanta. Ora è Max, ora è Novecento, ora il marinaio, ora il comandante. Ed è oceano, musica, ricordi, nostalgia. Ti fa vedere quello che non c'è, quello che non mostra: il bimbo in fasce, la sigaretta, la cenere, il pianoforte, l'acqua. Sullo sfondo di una scenografia di grandi tasti sfalsati e di cubi polivalenti, si dipana la storia di Novecento. Dal testo taglia la "lei", la donna, quella che fa pensare a Novecento di scendere, così come taglia alcune parti funzionali ma non indispensabili. Ma l'essenza c'è tutta, seguita a fiato sospeso dal pubblico in sala. Un pubblico che naviga, che sente il mal di mare, che percorre i meandri della nave. E l'odore dell'oceano. Manovrato senza sosta, senza mai un eccesso, il testo scorre con passione. Il duello a ritmo di ragtime con il re del jazz Jelly Roll Morton ha una perfezione teatrale rara. La soluzione trovata per il volteggio del pianoforte durante la tempesta, è qualcosa che supera il termine evocativo. Luci protagoniste: aggiungono, calibrano, evidenziano, sottraggono. Gli azzurri, i gialli, e le loro variazioni cromatiche sono essenziali alla resa dello spettacolo. Assolutamente da vedere. "E in culo anche al jazz!" Milano, Teatro Libero, 9 dicembre 2007
Visto il
al Libero di Milano (MI)