Dal libro di Gianni Bosio e Clara Longhini: “1968. Un viaggio in Salento” (ed. Kurumuny), fino al 22 marzo va in scena al Teatro Piccolo Eliseo lo spettacolo scritto e recitato da Daniele De Michele, in arte Don Pasta.
L'idea parte da un lavoro commissionato a Don Pasta nell’ambito del progetto "Le strade delle parole", organizzato da BAICR assieme al Centro per il Libro e la Lettura, che ha portato alla pubblicazione di “2008. Un viaggio in Salento”.
Galatina, Otranto, la Baia dei Turchi e altre splendide località pugliesi rivivono nelle riflessioni teatrali di "Oggi, Tramontana. Tarantismo, donne di Salento e il fine pasticciere di Galatina".
Inizia alle 21:00 e dura circa 65 minuti, ma lo spettacolo comincia già alle 20:00 nei corridoi del teatro, grazie a un trio di musicisti popolari che accoglie e intrattiene i presenti.
La struttura narrativa è quella di un carteggio tra il protagonista e Clara, che rappresenta Clara Longhini, autrice del libro ispiratore dello spettacolo.
Le donne sono le protagoniste di questo viaggio dentro se stesso e dentro le proprie radici di un uomo, un emigrato, alla ricerca della propria identità. Mentre cucina sul palco, sprigionando in sala odore di cannella e curry, Don Pasta racconta la storia mitologica di Idrusa racchiusa nell'origine della rucola di Orte. Idrusa, la donna che osò sfidare le leggi maschiliste del tempo, venne punita e da allora crebbe, in quel lembo di terra di nome Orte, una saporitissima rucola selvatica.
Dal dialogo di Don Pasta con un pescatore:
«Fu storia di amore - mi disse - Punita dal serpe, nascosto su quella torre. Idrusa amava quell' uomo sconosciuto venuto da lontano dalla barba rugosa, attraverso il mare, oltre quei monti di Albania, da un Oriente imprecisato. Si aprì a lui da donna libera. Il serpe con la morale da uomo non tollerava i suoi comportamenti di donna libera. Un solo modo c' era per arginare quel fiume di passione in piena. Trasformare quell' uomo in erba amara e privare la donna delle lacrime per piangere. Ecco perché la rucola te l' orte cresce selvaggia. Non ha bisogno d' acqua. E' amara come il dolore di un amore perduto».
Un mix esuberante di pensieri in libertà paragona la volta della chiesa di San Paolo al pasticciotto di Galatina, la chitarra alla forma della melanzana, il bandoneon (suonato sul palco dal più grande musicista italiano) alle ricette tradizionali di cucina, il fruttone alla taranta, la rucola dell'Orte all'intimità femminile.
Forse solo un attore classe '74 sarebbe riuscito ad unire John Coltrane alla parmigiana di melanzane e i Clash al pasticciotto in un discorso gastro-filosofico, come lo definisce lui stesso, dal risultato appassionato e sincero. Forse è la sua condizione di emigrante a chedere come mai, nonostante la fuga volontaria dalle abitudini e dalle origini, cullato dalla piacevole terra adottiva, gli capiti spesso di provare quel senso di vuoto, quella nostalgia, che gli umili in varie lingue hanno chiamato la malagiana, a saudade, 'appucundrìa.
Dal palcoscenico Don Pasta annuncia il suo prossimo progetto, Soul Food, a cui tiene particolarmente, e intanto accoglie, con un pizzico di commozione, i numerosi applausi del pubblico.
Roma, Teatro Eliseo 20 marzo 2009
Visto il
al
Piccolo Eliseo Patroni Griffi
di Roma
(RM)