Un Otello essenziale. Così quello di Arturo Cirillo in scena al Teatro della Corte di Genova in questi giorni. Essenziale nella scenografia innanzitutto, costituita da due pannelli mossi dagli attori a mutare l’ambientazione. Un’ambientazione evocata da Venezia a Cipro ma mai esplicitamente delineata. Costumi moderni, del ‘900. Stivali per Otello, scarpe per gli altri interpreti. Tradotto da Patrizia Cavalli, ecco in scena un altro classico del teatro shakespeariano, tanto classico da essere per forza di cose rivisitato in chiave moderna. Alle volte in queste situazioni qualche dubbio fa capolino: lo sapranno le scolaresche in platea che lo spettacolo cui assisteranno è una rivisitazione che costringe a conoscere molto bene la trama per poterne godere appieno? Ne saranno consapevoli? Piacerà loro questo sforzo o, per alcuni e in alcuni casi, non sarà un motivo per non essere troppo attratti dal teatro? Dubbi. Sarà giusto che Desdemona incarni la propria fragilità anche nel fisico fin troppo asciutto? Come Emilia, moglie di Iago? E che Iago, nell’ordire le sue trame, risulti a volte addirittura petulante fino a rischiare di sfociare nel divertente per non dire comico? Evidentemente tutto è giusto. Come la prostituta Bianca, in realtà un travestito. Non me ne voglia Cirillo (Iago in scena), né Otello ma stasera fa da capro espiatorio. Per dire che ben venga l’innovazione, la creatività, la ricerca. Ma ogni tanto credo sia comprensibile avere nostalgia per classici rappresentati come tali, proprio per fare cultura. Contenuti gli applausi del pubblico e delle scolaresche per altro attente.