Finalmente dopo ben due anni vede la luce l’ambiziosa messa in scena dell’Otello, dramma in quattro atti di Giuseppe Verdi. Pensato per l’alternativo spazio del Pala Dozza a causa delle restrizioni e rimandato due volte, l’allestimento scenico diretto da Gabriele Lavia si contraddistingue per classe e sobrietà.
Un imponente e dinamico telo sovrasta il palco, «la tempesta della mente e dei sentimenti», la vela delle prime parole del libretto pronunciate dai Ciprioti, la scena che apre l’opera. Importante prima differenza con il dramma shakespeariano, il taglio della scena veneziana che contestualizzava il tutto e forniva agli spettatori le prime, essenziali, informazioni sui principali personaggi della tragedia che stava per compiersi.
Il capolavoro verdiano torna sul palco del Comunale di Bologna dopo ben ventisei anni e non poteva forse esserci scelta migliore di quella di farlo dirigere a Gabriele Lavia.
Attore e regista, dirige per la prima volta il dramma shakespeariano nel lontano 1975 e oggi porta in scena un Otello classico e rispettoso del libretto, forse più teatrale che musicale, caratterizzato storicamente grazie ai sontuosi costumi, puntando all’essenzialità dei movimenti e alla caratterizzazione dei personaggi che subiscono l’inganno ordito a loro rischio e pericolo.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Sul proscenio non a caso troviamo alcune vecchie poltrone rosse, a sottolineare il malvagio piano partorito da Jago, burattinaio delle sorti di Otello e Desdemona. L’ingombrante e a tratti “pesante” velo avviluppa l’intera opera, ora rifugio caloroso per i due amanti, ora meandro oscuro della mente di Otello che medita l’assassinio dell’amata.
A dirigere l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna Asher Fisch, in un’esecuzione mirabile ma non memorabile. Peccato poi per il Coro diretto da Gea Garatti Ansini, di nero vestito e relegato ai margini del palcoscenico. Forse una scelta adottata in tempi di restrizioni stringenti che poteva avere esiti differenti nelle repliche correnti.
La serata era quella della prima del secondo cast, e un grande plauso va alla triade dei protagonisti. Roberto Aronica interpreta per la prima volta il celebre moro, donando a Otello un’interiorità sofferta e uno spessore evidente. Angelo Veccia è il temibile Jago, dissoluto e posato nella macchinazione del suo terribile piano, freddo nella sua cieca malvagità. Federica Vitali invece dona alla povera Desdemona una scia eterea, efficace soprattutto nella malinconica scena prima del triste epilogo.