“Ma visto che questo spettacolo si chiama Outlet, quanto c’è di sconto?
Ma se io me ne vado alle dieci e vedo solo mezz’ora, quanto pago?
Ma se io vengo, ma rimango fuori dal teatro, quanto mi costa?
Ma se io non vengo, ma rido a casa per conto mio, non pago proprio,vero?”
La società dell’immagine è diventata la società dell’immaginazione. Ecco, così ci si sposta tra offerte speciali, sconti, tre per due, outlet e qualsiasi cosa prometta il risparmio.
Cinzia Leone porta in scena uno spettacolo vivo e vitale che la vera protagonista indiscussa sul palco sta spot e slogan pubblicitari improbabili.
Prima in manette, poi liberata dal pubblico l’attrice si presenta vittima della società consumistica ed elenca tutte le brutture del mondo contemporaneo. Tronisti, vellette e gieffini compresi. Nessuno manca all’appello e il teorema della svendita si applica praticamente a tutto.
Ergendosi a ritratto di Dorian Gray di tutti i noi la Leone mette in fila i difetti della società del consumo, dalle contraddizioni più evidenti ai risvolti più emblematici. Testa di ricci rossi sempre sciolti sulle spalle abbastanza grinta da renderla infaticabile per oltre un’ora e mezza di spettacolo. In una coreografia minimalista e essenziale, il palco del Derby si riempie con il monologo della comica e la presenza fisica. Se uno dei suoi ultimi impegni era stato a fianco dei pescatori sardi per “Le ragioni dell’aragosta”, questo spettacolo teatrale le da un nuovo spunto di indignazione sociale.
Temiamo sia l’unica a soffrire dei malesseri della società al ribasso. Perché in fondo gli spettatori della Leone, scommettiamo siano gli stessi fedeli telespettatori dei canali commerciali, gli stessi che affollano i centri commerciali.
Ottimo il tentativo di stanarli, comunque.
Milano, teatro Derby 28 gennaio 2009
Visto il
al
Vittoria
di Roma
(RM)