Prosa
PASSAGE THROUGH THE WORLD

Un Passage che attraversa l'Europa

Un Passage che attraversa l'Europa

Tra gli spettacoli più attesi del Napoli Teatro Festival Italia - NTFI 2016 - è andato in scena, dal 15 al 20 giugno, Passage through the world, opera degli artisti visuali Shirin Neshat e Shoja Azari e del compositore Mohsen Namjoo. I tre autori iraniani portano a Napoli, un lavoro nato nel 2015 tra le strette vie e gli scuri scialli delle vecchie abitanti della Bari vecchia, per il progetto internazionale Misteri e Fuochi del Teatro Pubblico Pugliese e riadattato, in questa occasione, agli spazi della prestigiosa Chiesa di Santa Maria Donna Regina Vecchia. Uno spettacolo definito site-specific ma che, data la suddetta genesi, trova forse come sua unica specificità la sola congruità del tema trattato al contesto architettonico offerto.

Il lavoro presentato indaga i temi della perdita e della rinascita attraverso il ciclo della vita e della morte. Per mezzo della ricerca musicale di Mohsen Namjoo, che amalgama e riscrive brani popolari provenienti dal Tibet e dalla Mongolia fino alle regioni del Meridione d’Italia, l’opera indaga la vicinanza rituale, gestuale e sonora, tra le lamentatrici; le donne che, interpreti del pianto preghiera rituale per i morti, costituiscono nel loro insieme un universo culturale che dall’Asia, arriva in Europa, passando per i Balcani. Un parallelismo scandito dalla circolarità catartica delle preghiere cristiane, recitate in sequenza dalle prefiche presenti ai lati della platea e dalle gigantografie proiettate sulle pareti dell’abside, così come dagli strazziati canti rituali iraniani che lo stesso Mohsen interpreta accompagnato dal liuto, evocativi almeno quanto i ritmati cori balcanici eseguiti dal gruppo vocale Faraualla.

Enormi figure vestite di nero, frutto di vivide video-proiezioni, si stagliano sulle pareti della chiesa incidendo materialmente nell’inclusione emotiva dello spettatore. Ma è una suggestione che stenta a perdurare e che nel tempo, tra la mera esecuzione musicale e la discontinua performance audio/visiva, non riesce a colmare la totale assenza di drammaturgia. Infine, i corposi accompagnamenti (vocali e strumentali) pre-registrati, agli assoli di Mohsen non possono che accentuare l’incongruenza stilistica se contestuali all’autentica coralità delle Faraualla ed al pregevole assolo a cappella di Fenesta Ca Lucive interpretato da Antonella Morea.

Un’operazione artistica sincera ed a tratti autenticamente ispirata ma che alla prova della messa in scena non trova l’adeguata intellegibilità e la necessaria coesione formale.

Visto il 18-06-2016