Mai rappresentato sul palcoscenico della città felsinea, a più di settant’anni dal suo debutto avvenuto a Londra nel 1945, Peter Grimes calca finalmente le scene del Teatro Comunale di Bologna nell’allestimento coprodotto dai teatri di Modena, Ferrara e Ravenna.
Regia e scene
Cesare Lievi ambienta la vicenda agli inizi del secolo scorso in una anonimo e squallido villaggio in legno di pescatori, sulla cui piazza principale si affacciano la chiesa, la farmacia Ned Keene e l’equivoco pub The Boar, gestito da Auntie. La scena è sostanzialmente fissa, come fissa ed immobile è la società di questo borgo, in cui vivono personalità sì differenti, ma quasi tutte accomunate dalla necessità di trovare in Peter Grimes, il pescatore protagonista di una serie di incidenti che vive in una roulotte sulla scogliera, un capro espiatorio.
Gli episodi in interno vengono realizzati mediante l’utilizzo di cortine di tela nere che chiudono gli spazi e nascondono le architetture: ed ecco che compaiono la lugubre e spoglia corte di giustizia iniziale e, durante la scena della tempesta, l’interno del pub in cui l’alcol scorre a fiumi e le nipotine di Auntie intrattengono, fra le luci soffuse, gli avventori del locale con le loro grazie. A simboleggiare la pioggia e il mare in tempesta, un telo trasparente calato dall’alto e mosso dal vento brilla, luccicando, colpito dalle luci fredde di Luigi Saccomandi, che ben sanno rendere l’atmosfera livida e gelida di una marina inglese.
A parte qualche momento di stasi dei personaggi forse troppo duraturo, la regia è sempre in grado di ricreare, gestendo opportunamente i movimenti del coro, l’atmosfera di una collettività autoreferenziale che vive chiusa e isolata, ma che tale vuole rimanere.
L’aspetto musicale
Splendida la direzione di Juraj Valčuha che mantiene costantemente alta la tensione drammatica, trascorrendo abilmente da toni adamantinamente raggelanti, quasi palpabili nella loro pura violenza, ad aperture liriche intense e vibranti, senza mai trascurare di gettare più che un occhio al palcoscenico. È la sua concertazione ad essere il vero collante dello spettacolo, anche grazie alla costante attenzione prestata al dettaglio psicologico dei personaggi.
Ian Storey è un Peter Grimes fortemente drammatico, che ben palesa tutto il suo dramma nella scena della pazzia: la voce è ruvida, graffiante, quasi eterea però nel falsetto.
Charlotte-Anne Shipley veste i panni di una Ellen precocemente disincantata, al contempo fragile e tragica, dotata di uno strumento dalla musicalità spiccatissima, ricco di colori e sfumature.