Recanati (MC), teatro Persiani, “Platonov” di Anton Cechov
PLATONOV AI TEMPI DELLA PERESTROJKA
A quattro stagioni di distanza da Zio Vanja, Nanni Garella e Alessandro Haber tornano a lavorare su Cechov ancora prodotti dall'Arena del sole, risalendo agli inizi della drammaturgia dello scrittore e mettendo in scena Platonov, testo fluviale simile ai romanzi dell'epoca quanto ad andamento e contenuto. Rimasto inedito e senza titolo fino alla morte di Cechov, il dramma ha il titolo attuale adattato dagli editori di riduzioni teatrali dall'originale, basandosi sul fatto che un dramma successivo ha per titolo il nome del protagonista, Ivanov. La prima rappresentazione russa dell'opera si ebbe solo nel 1957; subito dopo Sterhler lo mise in scena integralmente in Italia; rimane nella mente del pubblico la versione cinematografica di Nikita Michalkov, “Partitura incompiuta per pianola meccanica”.
Nanni Garella, oltre che regista ed attore anche traduttore e adattatore, propone una versione asciugata ed asciutta, ambientata alla fine del secolo successivo, ai tempi della perestrojka e dell'illusione del benessere e della libertà, solo apparenti. Se lo spostamento temporale appare ininfluente ai fini della drammaturgia, interessante è il lavoro sul testo. Infatti la notevole “potatura” non si limita solo ai personaggi e alle battute, ma ne enuclea gli snodi.
Il testo è ridotto a due parti omogenee, la prima ambientata in un circolo occupata da tavolini, la seconda nella classe di Platonov occupata da banchi. Intorno sempre un telo di nylon trasparente che non nasconde le murature del teatro e crea intriganti riflessi con le luci (scene Antonio Fiorentino, luci Gigi Saccomandi, costumi Claudia Pernigotti).
Garella non indugia sulla introspezione a cui ci hanno abituato tanti registi al confronto coi russi e neppure cerca le trasformazioni sociali. Il suo Platonov non è un Don Giovanni di provincia, un Don Giovanni alla russa: non ne ha lo spessore né i caratteri, non gira il mondo, non ha il piacere dell'avventura e della conquista, solo un vago sentore di peccatore (“sono un Don Giovanni e un codardo nello stesso corpo”). Platonov piuttosto si lascia andare; seduce (se seduce) solo per cercare invano di arrestare il tempo, travolto da una vita di paese sempre tra le stesse persone, tanto che nella sua rete finiscono tutte e quattro le donne presenti in scena. Platonov è egocentrico, irascibile, non conosce la tenerezza, è un alcolista, paranoico, tabagista, schiacciato dagli eventi, impaurito dalla vita, capace solo di distruggere ciò che tocca: “la mia anima è diventata uno scheletro, è impossibile farla resuscitare”.
Platonov usa gli altri ma altrettanto viene usato dagli altri. Azzeccato il modo di strutturare le due parti: la prima ha un andamento corale, con tutti i personaggi in scena più o meno contemporaneamente; la seconda ha un andamento monologante, per cui in scena ci sono due o al massimo tre personaggi, come in un duello, come un gioco al massacro, come una resa dei conti con un rumore continuo di pioggia scrosciante. E il finale è noto.
Domina un'atmosfera stagnante, di fallimento, ideale repressi e compressi, come nelle prove successive di Cechov. Ma qui sotto la lente di ingrandimento di Garella si svelano sentimenti aridi, vacui, quasi vuoti, che portano a una atmosfera di dura e livida malinconia.
Bravissimo Alessandro Haber, controllato nel primo atto, sovreccitato nel secondo, come se cercasse la morte: non lascia emergere l'intelligenza e l'avidità di Platonov, ma il fallimento personale, professionale e sentimentale, l'incapacità di amare e di contrastare il fluire della vita, canna al vento priva di coraggio: in fondo è un inetto che è stato incapace di costruire la vita che avrebbe voluto (“anni fa per i giovani eri un futuro poeta o un ministro” gli dice So'fia). Impulsivo e viscerale, la sua recitazione materica e corporale è molto efficace.
Altrettanto bravi sono tutti i comprimari, a partire dal quartetto di donne: Susanna Marcomeni è una Anna Petrovna Vojniceva bruna, procace, spudorata ai limiti della sfacciataggine; Silvia Giulia Mendola è So'fia Egorovna bionda, dalla bella voce calda e suadente; Pamela Giannassi è una Sasha castana e materna, comprensiva, casalinga al limite della sciatteria; Linda Gennari è una tormentata, intellettuale Marja Efimovna dai capelli rossi. Non da meno gli uomini: Rosario Visma è un Sergej Pavlovic Vojnicev insicuro e debole ma generoso; Gianluca Balducci un baldanzoso, barbuto Osip; Nanni Garella un convincente Nikolaj Ivanovic. Adeguati anche Franco Sangermano (Ivan Ivanovic Trileckij), Marco Cavicchioli (Porfirij Semionovic Glagolev) e Claudio Saponi (Kirill Kuzmic Petrin).
Diversi posti vuoti a teatro, molti applausi alla fine.
Visto a Recanati (MC), teatro Persiani, il 07 febbraio 2010
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al
Arena del Sole - Sala Leo de Berardinis
di Bologna
(BO)