Prosa
POP STAR

Una pioggia di fiori sulla folle, reale solitudine

Una pioggia di fiori sulla folle, reale solitudine
Un racconto vorticoso, “Pop Star” di Babiliona Teatri; un racconto che si intreccia, si scavalca, si sopporta. Sboccato – si parla di scopate con angeli -, fastidioso – si sputa in terra -, grottesco – si inizia dal racconto di uno scherzo telefonico di un tizio che chiama un numero di volontari facendo finta di volersi sparare -, ma soprattutto, tragico. In tre sull’orlo del baratro. In tre vicino al momento della morte. Tre tombe scoperchiate. Numerate. C’è la tomba numero 1, con dentro una concitata (ma solo a parole, come gli altri: i loro corpi sono quasi sempre immobili) e leopardata Valeria Raimondi, che racconta di una telefonata ricevuta, del cambio radicale del suo destino, della sua trasformazione da anima pia che voleva aiutare una sconosciuta a vittima di uno stupro collettivo. C’è la tomba numero 2, in cui giace, in viola, una seria e calma Ilaria Dalle Donne che racconta pacatamente la sua storia di caduta, di sogno delirante pre-morte, di pornografico incontro con gli angeli. E c’è la tomba numero 3, da cui viene fuori un agitato Enrico Castellani, serial killer, a narrare le sue folli vicissitudini, le cause ingenue delle sue pazzie omicide. Tre storie di solitudine, di rabbia, di obiettivi mancati, di sogni infranti. Tutto senza dramma o lirismo patetico, ma con lucidità e ironia, come sempre. L’intonazione senza recitazione, il dialetto veneto, la cornice dorata dell’interno delle bare, i costumi sgargianti, il kitsch che permea tutto lo spettacolo - compresa la finale pioggia di fiori sulle note di “La solitudine” della Pausini, intonata come un inno salvifico, in grado di spurgare le anime – rendono lo spettacolo grottesco e intenso. Uno spettacolo che racconta di come si vuole vendere l’anima per diventare famosi, di come l’esagerazione possa portare a perdersi, di come il desiderio della folla tutta per sé – che ognuno persegue a modo suo - possa solo portare ad affondare. Uno spettacolo efficace, anche se non sempre chiaro. Sicuramente uno spettacolo che si ascolta per la storia e non – come poteva accadere di più con “made in italy” e “pornobboy” - per le singole frasi o parole. “Pop star” mette tutti noi davanti alla possibilità di morire - anche in senso figurato - così, desiderando solo di vedere la vittoria di qualcuno che non ha alcun senso reale nella nostra vita, ma che può incarnare ciò che non siamo e non saremo mai: importanti agli occhi di qualcuno. Di più di uno. Di tutti.
Visto il 14-10-2009
al Triennale di Milano (MI)