Quello che ti accoglie all’ingresso, quando il cancello di accesso al tendone è ancora chiuso, è un misto di inquietudine, paura, curiosità e buon umore; guardie con manganelli che si aggirano guardinghe, fissandoti negli occhi quasi a voler sottolineare che, se la loro presenza, all’ingresso, ti inquieta un pochino, aspetta a vedere cosa ti attende una volta varcato il cancello!
E in effetti, dopo circa una mezz’ora di attesa sulle note di Dominique di Jeanine Deckers, meglio nota come Suor Sorriso (colonna sonora di tutto lo spettacolo) il cancello si apre e gli spettatori vengono catapultati in un’atmosfera delirante: una sorta di fiera di paese dove suore-cameriere ti servono birre, caffè e popcorn, malati mentali urlanti, rinchiusi in delle gabbie che di tanto in tanto sfuggono al controllo delle guardie, mischiandosi tra il pubblico e molestando le giovani donne che capitano loro a tiro e un infermiere solerte che è sempre pronto a ricacciarli dentro le loro gabbie/stanze con le buone o con le cattive.
Ma ecco che poco per volta gli spettatori vengono invitati a prendere posto in quella che ha tutta l’aria di essere la pista di un circo; non si tratta però del classico circo per famiglie ma di uno Psychhiatric Circus!
Uno spettacolo di nouveau cirque, ambientato in Germania negli anni Cinquanta, che racconta le storie di un gruppo di malati mentali, “ospiti” del manicomio cattolico di Bergen (Baviera) diretto da padre Joseph e dalle sue fedeli “sorelle”.
Acrobati, fachiri, contorsionisti, clowns vessati dal fuhrer/direttore padre Joseph, che interagiscono con gli spettatori, che tra il perplesso e il divertito, vengono letteralmente trascinati in pista.
Lo show si ispira alle atmosfere dei tanti horror movie e particolarmente alla serie tv statunitense American Horror Story con un approccio decisamente ironico; uno spettacolo che va dall’arte circense al musical, dal teatro al cabaret senza convincere mai fino in fondo. Un lavoro sicuramente interessante con artisti preparati e affiatati, uno spunto di riflessione su quelle che erano le drammatiche condizioni di vita dei malati rinchiusi nei manicomi ma più in generale una celebrazione della follia come rimedio ad ogni genere di oppressione, prepotenza e intolleranza.
Pubblico divertito e partecipe anche se le atmosfere che si respirano appaiono ancora molto distanti da quelle del “nouveau cirque” propriamente detto.