PUZ/ZLE

Puzzle o dell'organico ritornare umano

Puzzle o dell'organico ritornare umano

Sidi Larbi Cherkaoui, di padre marocchino e madre belga, fa parte della  nuova generazione di coreografi fiamminghi formatasi alla fine degli anni 90 avendo come punti di riferimento Alain Platel,  Les Ballets C de la B e Anne Teresa De Keersmaeker. 

Pur avendo iniziato  a danzare molto tardi, verso  16 anni, il suo approccio alla danza è molto fisico. Nelle sue coreografie, sin dagli inizi Hip Hop e modern jazz,  Cherkaoui ha sempre chiesto ai suoi danzatori e alle sue danzatrici notevoli capacità e flessibilità fisiche coniugando sempre le doti coreutiche con quelle (quasi) ginniche. 

Segno distintivo delle sue coreografie è la  ricerca multiculturale che lo fa collaborare con realtà diverse sia per provenienza che formazione.

In Puzzle, in prima nazionale a festival di danza contemporanea Equilibrio, Cherkaoui si è presentato con un nutrito corpo di ballo, sostenuto musicalmente dal coro corso A Filetta, dalla cantante libanese Fadia Tomb El-Hage e dal flautista e percussionista giapponese Kazunari. 

Puz/zle è un lavoro che restituisce la ciclicità dell'eterno tornare della vita organica - non solo umana - con un allestimento coreutico nel quale il movimento è coniugato con la performance scenografica.

Una serie di pannelli di notevole altezza e un consistente spessore  vengono azionati continuamente nel corso della coreografia per comporre, con l'ausilio di alcuni cubi molto più piccoli, molteplici strutture scenografiche nelle quali e con le quali il corpo di ballo si relaziona.

Cherkaoui parte dall'idea dell'eterno ritorno del genere umano, costretto in un ciclo continuo di nascita e morte, di ascesa e caduta, ma anche di accumulo storico, di morte in morte, di caduta in caduta.

Un accumulo di Storia - che sulla scena si traduce in accumulo narrativo - inconsapevole per i singoli attori e attrici di ogni ciclo, ma ben chiaro al pubblico in sala che, come una divinità distante e impassibile, assiste al dispiegarsi del destino umano.
Una umanità squisitamente organica perchè essenzialmente analoga a quello dei suoi elementi costituenti che Cherkaoui, nelle note di regia, individua, tra le altre cose, nella doppia elica del dna.

La danza diventa così correlativo oggettivo della capacità dell'umanità di manipolare lo spazio che la circonda proprio come il corpo di danza modifica gli elementi di scena allestendo di volta in volta diversi
panorami architettonicoscenografici.

Così ad ogni rinascita l'uomo e la donna si ripresentano al contempo uguali   e cambiati, costretti a ripartire da zero ma ripartendo invece in qualche modo là dove è finito il ciclo precedente   mostrando bene un concetto cardine della antropologia: la coesistenza del tempo ciclico con quello lineare.

Una ciclicità che parte dall'umanità dei primordi (che allude anche nella musica a quella scimmiesca di 2001 di Kubrick) che emerge dal nulla e striscia sulla terra, ritornando a vivere ogni volta in una civiltà diversa storicamente determinata da quella finita nel ciclo precedente: da quella greca a quella orientale, dove Budda e Cristo si somigliano non per un retorico sincretismo ma perchè sono entrambi il prodotto dell'esistenza umana.
Fino ai quadri più recenti nei quali i costumi più casual della contemporaneità si sostituiscono a quelli di antica foggia e fanno la comparsa alcuni strumenti più o meno contemporanei (martello e
scalpello e un avvitatore elettrico) che permettono ad alcuni demiurghi di muovere i corpi statuari dei ballerini e delle ballerine modificandone postura e foggia a loro piacimento.

Così mentre Puzzle ridimensiona il super-umano mistico ricordando la matrice organica che accomuna al resto del vivente mostra in scena il super-organico, che emergere dall'organico concretizzandosi in un simbolico che si sdoppia: il simbolico antropologico che lo spettacolo racconta e quello concreto della scenografia nel suo continuo farsi e disfarsi che mostra sulla scena, in un doppio elegante alludere.

Intanto cantanti e musicisti intervengono con una ieratica presenza da coro greco facendosi testimoni
di un sentimento di compartecipazione espressa tramite la musica della voce e delle percussioni alle quali si alternano brani registrati.

Puzzle rimane uno spettacolo di danza e non di teatro danza né di performance: questi elementi piega ogni movimento all'espressione coreutica.
L'allestimento richiede ai danzatori e alle danzatrici una competenza fisica che scaturisce sempre dalla danza da cui ogni movimento parte e al quale sempre ritorna e che ingloba nella coreografia anche il percorso di costruzione e decostruzione della scenografia.

Il movimento scenografico torna più volte a ricostruire un muro (che spesso viene fatto letteralmente crollare) , che separa, occulta, blocca l'esplorazione o, viceversa, diventa una parete su cui proiettare o disegnare le immagini di un oltre cui si anela, un al di là del muro in segno di librazione ma anche di continua ricerca di un cambiamento inarrestabile che rimane sempre nel contingente organico e non indulge mai alla metafisica senza mai dimenticare la precarietà della condizione umana dove la caduta del muro è sì liberazione ma anche distruzione.

Danzatori e danzatrici dimostrano una capacità di dislocamento davvero eccezionale quando emergono dal suolo o quando si muovono dentro e intorno gli elementi scenografici dando quasi l'impressione siano anche capaci di passarvici attraverso sviluppando una una coreografia sempre chiara nel suo farsi che si spiega e dispiega a favore del pubblico senza annoiarlo con enigmi né intrattenerlo paternalisticamente con didascalici scopi didattici.

Dopo una serie di coreografie nelle quali Cherkaoui ha affrontato le discriminazioni e le differenze etniche,  culturali e di orientamento sessuale, Puzzle torna al grado zero della sua scrittura coreografica e ci restituisce i risultati di anni di ricerca con degli assoli e dei passi a tre nei quali i rapporti coreutici tra uomini e donne sono declinati in una fluida alternanza che contempla il capovolgimento dei cliché sessisti codificati nella danza - che vedono gli uomini portare le donne -  mentre qui anche le donne portano gli uomini e gli uomini portano anche altri uomini senza tradurre questo elemento in una rivendicazione di genere ma attingendo al quel mare magnum dell'umanità senza ruolo.

Una umanità pulita dalle scorie ideologiche del misticismo irrazionale con cui di solito si guarda al suo emergere dall'organico ed entrare nella Storia dove invece nel suo continuo divenire organico e super organico si fronteggiano facendo riflettere il pubblico su se stesso, sulla storia e sul posto che nella storia ognuno e ognuna di noi deve trovare.

Visto il 12-02-2013