Accettare di avere a che fare con i fantasmi pur di tenere ben nascosti i propri scheletri nell'armadio. E' ciò che succede a Pasquale Lojacono, protagonista del celebre testo di Eduardo De Filippo "Questi fantasmi", che accetta di vivere in un condominio infestato dai fantasmi pur di non dover pagare l'affitto. L'uomo, suggestionato dai racconti di Raffaele il portiere, personaggio furbo scansafatiche e misogino che ruba indisturbato dando la colpa agli spiriti, e del dirimpettaio, il silenzioso professor Santanna, che non compare mai sulla scena ma tutto osserva dal balcone di fronte, inizierà a suggestionarsi davvero. Così, quando si ritrova di fronte Alfredo, l'amante di sua moglie, penserà di avere incontrato un fantasma generoso che non gli fa mancare il sostegno economico, mentre questi sta progettando invece una fuga con sua moglie Maria.
La regia di Marco Tullio Giordana, rimanendo fedele al testo originale dal forte retrogusto amaro, punta a mettere in evidenza tutta la solitudine di un uomo che nella sua povertà spirituale è vittima di se stesso, prima che degli altri. Pasquale continua a non voler guardare in faccia la realtà per conservarla ipocritamente intatta e non riesce più a dialogare con sua moglie, nemmeno quando prova a confessarle, lasciando intravedere uno spiraglio di lucidità nello spesso muro di ipocrisia dietro cui si è trincerato, che l'ama ancora ma che ha "ormai perso le chiavi del suo cuore".
I continui scarti narrativi accompagneranno lo spettatore a cambiare di continuo opinione sul protagonista, mostrandolo a tratti vittima inconsapevole del tradimento subito e subito dopo causa del suo stesso male. Per tutti i tre gli atti della commedia, lo spettatore non farà che domandarsi se ai fantasmi Pasquale ci crede davvero o se gli fa comodo così. E resterà col dubbio anche dopo l'ultima scena in cui il Professor Santanna cerca di rassicurarlo assicurandogli che il fantasma non è sparito ma potrebbe ancora tornare sotto altre forme. Con il suo "Speriamo!", Pasquale esprime tutta la disperazione della sua vacua esistenza, la folle avidità che lo ha accecato e lo condanna a chiedere conforto, non solo economico, nella bugia, tanto da impedirgli di accorgersi che la moglie lo ha ormai abbandonato.
Povertà d'animo e ricchezza ostentata: in questa commedia emergono i temi cardini e tutta la forza narrativa del grande commediografo napoletano, che, attraverso il testo teatrale, indaga le diverse sfaccettature dell'animo umano alla luce di una visione pessimistica. Il testo di De Filippo pur rimanendo strettamente fedele alla sua epoca, l'immediato Dopoguerra con l'avvicinarsi del Boom economico e tutto il peggio che ne deriverà, risulta tragicamente attuale proprio per l'immutevole condizione dell'animo umano, costretto a confrontarsi a tutt'oggi con le stesse problematiche che lo attanagliavano allora.