Alessandro Gassmann ha scelto di portare in scena come regista e attore un “Riccardo III” tutto suo grazie all’adattamento contemporaneo firmato da Vitaliano Trevisan.
Il confronto con un classico del teatro non sembra averlo spaventato più di tanto. Anzi, Gassmann ha piena consapevolezza della maestosità del testo e l’ha rispettato mentre lo adattava alle sue esigenze di regia e interpretazione.
Bastano pochi accorgimenti per salvaguardare comunque l’accessibilità universale del dramma del Riccardo III di York.
Dell’originario shakespeariano rimangono lo stile epico e la determinazione con la quale sono scolpiti i personaggi mentre il linguaggio è stato adattato da Trevisan per risultare più moderno.
A fronte degli originali quaranta personaggi, in scena ce ne sono solo dieci, tutti di indiscusso valore e condensare il testo in meno di tre ore.
Gassmann interpreta un Riccardo mastodontico, quasi sproporzionato rispetto agli altri attori che sembrano gnomi al suo cospetto. Si muove a fatica per colpa di una zoppia esibita che amplifica la difficoltà di movimento ma non ne limita in alcun modo l’azione.
Una voce baritonale molto potete come quella di Gassmann completa gli elementi del cattivo assoluto, protagonista indiscusso della sua gloria e della disfatta personale.
Questo Riccardo è eroe e anti-eroe insieme, unisce perfidia e debolezza. Abile calcolatore che usa chiunque a suo piacimento e divora uno a uno i figli di sua madre per conquistare il trono.
Quando il suo destino gli si manifesta sotto forma dei fantasmi che appartengono alla sua collezione di cadaveri allora diventa più solo che mai, terrorizzato dalla solitudine e dalla morte.
Bello il testo che nonostante lo svecchiamento non perde la sua caratura e trasmette ancora quanto di contestuale e contemporaneo ci sia in questa opera, datata alla fine del 1500
Gli attori in scena sono tutti davvero bravi. Si segnala soprattutto Manrico Gammarota che interpreta il fedele sicario Tyrrel, alle prese con una coscienza che non si da pace se non di fronte all’ascendente del denaro. Nel monologo in cui spiega che cosa lo spinga all’amoralità, il suo spirito ateo e privo di valori prende il sopravvento dopo una lotta interiore col senso di colpa.
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Una pecca negativa riguarda i filtri che rendono possibili gli effetti speciali per simulare i fantasmi e la nevicata. Purtroppo sono abbastanza d’ostacolo alla messa a fuoco complessiva della scena.
Se a questo si aggiunge la cupezza della trasposizione, l’effetto finale è limitante e gli occhi degli spettatori distinguono a fatica alcune immagini.
L’ambientazione in quella che sembrerebbe una cripta gotica rende alla perfezione il clima cupo del testo ma contribuisce a questa cecità apparente.