Lirica
THE RAKE'S PROGRESS - LA CARRIERA DI UN LIBERTINO

I sette peccati capitali

I sette peccati capitali

La Fenice è teatro sempre attento nella programmazione e nella proposta di musica contemporanea e novecentesca. Non poteva mancare la ripresa della partitura di Igor Stravinskij che debuttò in prima esecuzione mondiale proprio a Venezia l'11 settembre 1951 coi complessi scaligeri e la direzione dello stesso autore che aveva composto l'opera ispirato da una mostra di William Hogarth allestita all'Art Institute di Chicago nella primavera 1947 ed era rimasto colpito dalla teatralità delle incisioni della serie “The rake's progress”.

La nuova coproduzione con l'Opera di Lipsia è affidata al talentuoso di Damiano Michieletto che con la Fenice e i suoi complessi artistici ha un rapporto privilegiato. L'apparato scenico di Paolo Fantin (giusti e fantasiosi i costumi di Carla Teti, precise ed efficaci le luci di Alessandro Carletti) chiude il boccascena con un sipario di strisce metalliche che riflettono le luci e la sala. Nick Shadow è il motore dell'azione e introduce la scena idilliaca del primo quadro con un prato verde, la siepe perfettamente tagliata, il barbecue, il tavolo sotto l'ombrellone e l'auto di famiglia da lavare. Un mondo tranquillo, il “paradiso perduto” in evidente, stridente contrasto con il bordello di Mother Goose, una piscina piena di soldi dove si vedono ogni sorta di amplessi possibili. Tutti i sette vizi capitali sono presenti, grandi scritte luminose pendono dall'alto e ricordano, nei vari momenti, lo scivolare di Tom in essi, più o meno consapevolmente. Quello che prevale è un senso claustrofobico di stordimento, quasi di nausea. Non solo in senso metaforico: da quella piscina è sempre più difficile uscire, impossibile quando le pareti si alzano per l'intera altezza del palcoscenico. Resta, negli ultimi quadri, il fondo della piscina, arrugginito e incrostato, residuo di una vita esteriore priva di sostanza e valori, il contenitore ossidato di quel mondo senza senso, dove un gioco veloce e sensuale non lascia altre alternative se non il suicidio. Il finale è amaro e dolorosissimo e, proprio per questo, intelligente e incisivo. Infatti ci sono parsi i momenti più riusciti proprio i quadri finali del terzo atto con il confronto tra Nick e Tom e il manicomio. Ma tutto funziona perfettamente nello spettacolo di Michieletto: i gonfiabili, il fango, quel sangue pastoso che scaturisce dalla prima stretta di mano dei due protagonisti.

Diego Matheuz privilegia la tinta novecentesca dell'opera, senza trascurare i richiami settecenteschi, ma la ricerca è, in linea con le scelte registiche, sul contemporaneo. Il ritmo è affilato e incalzante, il suono, sempre vivo e pregnante, bene si amalgama con le voci.

Juan Francisco Gatell è Tom Rockwell, ingenuo e giovanissimo, bene aderente al ruolo pensato dal regista: non il libertino gaudente né l'uomo torturato da sensi di colpa quanto piuttosto un adolescente mai cresciuto; la voce è leggera e squillante e, in alcuni momenti, si ammanta di ombreggiature suggestive. Alex Esposito è Nick Shadow e conferma le doti di grande forza espressiva e comunicatività, impressionante per le istrioniche capacità attoriali (quasi funamboliche) e la voce che lo rendono un grande “ingannatore” piuttosto che l'incarnazione della diabolicità. Carmela Remigio, che negli ultimi anni ha affrontato con successo i ruoli mozartiani di Donna Anna e Donna Elvira, ha voce chiara ma capace di straordinari, espressivi iscurimenti che ne ispessiscono la trama mantenendo il controllo dei fiati e dell'emissione: la sua Anne diventa così anch'essa un personaggio chiave e il confronto con la Baba di Natascha Petrinsky è riuscito, essendo questa ultima mai caricaturale e, grazie al fisico mozzafiato e alla voce scurissima, perfetta. Mai sopra le righe, nonostante la caratterizzazione ambientale, la Mother Goose di Silvia Regazzo. Adeguati Michael Leibundgut (Trulove) e Marcello Nardis (Sellem). Con loro Matteo Ferrara (il guardiano del manicomio). Una menzione particolare al coro della Fenice preparato da Claudio Marino Moretti per la prestazione attoriale straordinaria e coraggiosa.

Lo spettacolo è inserito nell'ambito del festival Lo spirito della musica di Venezia. Pubblico numeroso, grande successo.

Visto il
al La Fenice di Venezia (VE)