Prosa
LE RANE

Le Rane di Ficarra e Picone: il teatro e "salvezza" del vivere democratico

Ficarra e Picone - "Le Rane"
Ficarra e Picone - "Le Rane" © Franca Centaro

Ideata in un momento di crisi irreversibile della democrazia ateniese, "Rane" si presenta come un unicum, un approfondito ragionamento metateatrale sulle caratteristiche della migliore drammaturgia, l’arte che nasce nella Grecia antica come terreno privilegiato del confronto politico.
La storia prende le mosse proprio dall’assodata mancanza di poeti degni tra i viventi, tale da indurre lo stesso dio del teatro, Dioniso, in compagnia del fedele servitore Xantia, a discendere agli inferi per recuperare il ‘prediletto’ Euripide: l’attesa coppia Ficarra e Picone, scrutata con curiosità al varco di prova dei classici, sviluppa così nei primi due terzi del lavoro una memorabile catabasi infernale, in cui il perfetto affiatamento nella gestione dei tempi scenici si accompagna alla scioltezza della verve satirica, punteggiata di trovate esilaranti e di ironia pungente. Una comicità che sconfina a tratti nello sketch cabarettistico, nell’ambito di un lavoro di regia teso a riprodurre lo spirito caustico della commedia antica: svegliare le menti, scandalizzare per incitare le coscienze, rendere consapevoli a fin di bene.

Tra cori antichi ed invettive a suon di musical

Anche la componente corale, tradizionale depositaria dello spirito contestatario della commedia, risulta soggetta ad un inedito sdoppiamento: il rumoroso (ma brevissimo) gracidio delle rane-cigni - emblema del valore sacrale della poesia - nella potente performance dell’ensemble canoro dei SeiOttavi; e il coro propriamente detto, degli iniziati ai misteri eleusini, con le sfolgoranti, suggestive elaborazioni di sequenze coreografiche ad opera del corpo degli allievi dell’Accademia «Giusto Monaco». Nella calibrata responsione tra coro e corifeo (un ispirato Gabriele Portoghese), la voluta citazione del musical contemporaneo conferisce energia ai contenuti dell’opera, riecheggiati pure dalla corposa tessitura sonora della pièce: un’ardita ed emozionante trasposizione dei metri poetici in melodie rigorosamente eseguite a cappella, nell’intento di restituire al dramma antico quella fondamentale componente musicale per noi ormai perduta.

Il poeta: educatore o critico delle storture sociali?

Toccherà a Dioniso sciogliere l’annosa querelle che scuote l'oltretomba, dove Euripide pretende di scalzare dal trono di miglior poeta il magniloquente Eschilo, in quanto molto gradito «al popolo dei furfanti», per aver concesso a tutti gli uomini, senza distinzione di ceto sociale, pari diritto di cittadinanza nei propri drammi. Al contrario - lo rimbecca Eschilo, portavoce della prospettiva reazionaria dell'autore - il poeta, alla stregua di un buon maestro che forgia la mente del popolo incolto, deve fornire saldi esempi di virtù trovandone degno corrispettivo formale. L’esortazione ai «buoni consigli» dei poeti assume nelle «Rane» i tratti di un coloratissimo patchwork di riferimenti a prodotti culturali molto lontani tra loro: un inno al potere rigenerante del dire poetico che, nell’originale rilettura del regista Barberio Corsetti, abbandona il radicalismo ideologico in nome di un’ideale mediazione in vista del bene comune: come nelle pregnanti parole pronunciate da Ezra Pound, nell’emozionante filmato conclusivo, in cui Pier Paolo Pasolini lo invita alla riconciliazione: «Pax tibi, pax mundi».

Visto il 29-06-2017
al Greco di Siracusa (SR)