Prosa
REALITY

Reality, oltre il quotidiano...

Reality, oltre il quotidiano...

Daria Deflorian e Antonio Tagliarini sono seduti alla sinistra estrema dello spazio, con gli oggetti di scena: sono in attesa, come il pubblico.
Nell’attesa, lo sguardo viene catturato dal vuoto della scena e dai soli elementi già presenti, dei fari, posizionati a terra con delle piantane, i due attori/performer avranno modo così di muoverne il fuoco. Le luci sono dominate da una certa delicatezza, tipica di Gianni Staropoli; vengono abbassate quelle di sala ma non del tutto, i due performers si guadagnano lo spazio e cominciano a catturare sguardo e attenzione del pubblico. Lo spettatore viene accompagnato per mano, con lentezza e ironia all’interno dello spazio mentale e nella realtà di Janina Turek.


Tagliarini e Deflorian esordiscono raccontandoci, o meglio mettendo in scena la morte della casalinga polacca, chiedendosi in quale posizione potrebbe essere caduta, quali fossero i gesti dei passanti accorsi in aiuto. Janinia Turek cade con la busta della spesa in mano: camminata, infarto, caduta.
L’idea è di abbandonare totalmente qualsiasi tipo di spettacolarizzazione, per raccontare semplicemente una storia, quella di Janina Turek. L’incipit è metateatrale, ma progressivamente questo approccio viene abbandonato: i due artisti cominciano con brevissimi e ravvicinati aggiustamenti a guadagnarsi la strada inseguita da due anni, da quando uscì su La Repubblica, l’articolo sul reportage di Mariusz Szczygieł dal titolo appunto Reality.

Non prestando attenzione agli aspetti naturalmente comici contenute nello svelare i meccanismi celati dietro la pratica teatrale utilizzata per rappresentare la morte (far finta di essere morto, essere immobili, non respirare, cadere in una posizione naturalmente disordinata e dolorosamente innaturale…) è la vita della donna polacca a diventare il fulcro dello spettacolo. Janina Turek, casalinga polacca, in un determinato momento della sua vita, probabilmente mentre stava rientrando a casa, ripulendo le suole delle scarpe sullo zerbino, comincia a pensare all’idea di tenere dei quaderni dove appuntare gli accadimenti della sua vita, divisi per categorie e numerati, uno per uno. Un’opera di raccolta del quotidiano incredibile e unica. Di centrale importanza proprio la scena dello zerbino, era il 1943 spiega Daria Deflorian, da quel momento cominciano più di 50 anni di vita, descritti e annotati senza la minima emozione:748 quaderni senza uno sbaglio (la donna ritagliava un quadratino di carta e lo incollava sopra l’errore), è questa una delle cose che maggiormente ha sbalordito i due artisti.

La parola chiave di questo spettacolo è stupore, stupore visibile negli occhi dell’attrice a veicolare quelle emozioni di cui le migliaia di fredde e impersonali annotazioni mancano, stupore che diventa veicolo di un’emozione tangibile e cattura il pubblico, che all’inizio è incuriosito poi totalmente rapito da Reality. Si alterna un’analisi concettuale e semiotica della materia a una riflessione con relativo ripensamento sui mezzi espressivo-performativi e sul ruolo dell’artista performativo, come nel finale in cui la danza balinese dietro al telo diventa metafora dell’approccio estetico e del lungo percorso di ricerca di Tagliarini&Deflorian: a muovere la macchina scenica è una semplice donna che ha scelto di conferire al proprio quotidiano una dimensione temporale eterna e immortale creando un’opera sulla propria realtà capace di annulare tutto il resto. La forza dei due artisti sta proprio nella loro naturale capacità di stare in mezzo a tutto questo senza esserne assorbiti, almeno in apparenza, osservando da una prospettiva altra e guidando così il nostro sguardo.

 

Visto il 10-11-2012
al Sala Mercato di Genova (GE)