Il personaggio più noto della storia inglese, spesso citato per la sua ferocia è forse Maria I Stuart, famosa come Maria la Sanguinaria. Un modello, quasi un archetipo, di una certa umanità che insegue un obiettivo anche a costo di incredibili spargimenti di sangue. Una figura altrettanto crudele ma, probabilmente, meno ricorrente nell’immaginario collettivo è quella di Riccardo III, sovrano d’Inghilterra per soli due anni e temporalmente precedente alla spietata regina di fede cattolica di quasi tre decenni.
Ed è, difatti, questo aspetto - l’efferatezza e la fredda ostinazione nel mettere in atto un ‘regno del terrore’ per preservare l’ordine - che emerge in tutta la sua teatralità nell’opera di William Shakespeare, sebbene un’immagine tanto negativa non abbia un’attendibilità storica altrettanto solida. Ma fa sicuramente gioco ad un dramma che ha pieno compimento sul palco e che da sempre affascina pubblico e interpreti. E’ quello che dev’essere accaduto anche a Massimo Ranieri, coraggioso interprete del re della dinastia York, nonché regista dell’opera che vede in scena un nutrito cast di validi attori e una scenografia apparentemente semplice: una torre che ospita, in realtà, vari interni e che, ad occorrenza, si chiude e richiama altre ambientazioni, consentendo agli attori di girarci attorno e movimentare così lo spazio dentro e fuori le mura. Tuttavia, nonostante gli sforzi per realizzare un’opera di questo calibro, inevitabilmente monumentale, e la scelta dei temi musicali affidata al maestro Ennio Morricone - tamburi battenti costanti e poderosi, che scandiscono il tempo e il cambio di scena - la lunghezza dello spettacolo penalizza un po’ la visione.
Curiosa poi la scelta di abbandonare i tradizionali costumi - quelli che, quantomeno, ci si aspetterebbe di vedere in una rappresentazione classica - per vestire gli uomini con smoking e papillon e le donne con abiti lunghi e scollati: un tentativo di trasporre in un’epoca contemporanea dilemmi e vizi che sono propri anche, e purtroppo, dell’uomo moderno? Sicuramente la decisione di ricostruire attorno alle vicende di Riccardo e dei suoi un’atmosfera palesemente noir, in stile anni ’50 - anche ricorrendo agli abiti di scena e al fumo di sigaretta - ha una sua funzionalità: la percezione è quella di favorire un più agevole utilizzo del palcoscenico, soprattutto per Ranieri che si conferma, ancora una volta, uno showman consumato.