Lirica
RIGOLETTO

Nebbia in Val Padana

Nebbia in Val Padana

La Fondazione Arena di Verona ripropone quest'anno in cartellone l'allestimento di Rigoletto per la regia di Arnaud Bernard prodotto nel 2011: uno spettacolo che già allora ci era parso poco atto a trasmettere emozioni e che, in questa occasione, ha riconfermato molti dei suoi limiti.
Alessandro Camera ambienta l'azione in una sorta di antico teatro anatomico all'interno del quale, durante il preludio, il Duca esegue accurate misurazioni della gobba di Rigoletto che, seduto sopra un lettino posto al centro della scena, parrebbe essere quasi una sua creatura, un novello mostro di Frankestein, così da riportare alla mente per qualche istante il romanzo di Mary Shelley. Lo spazio è bipartito: in alto una biblioteca grigia, scura e polverosa, dotata di una balconata percorribile e collegata alla parte inferiore tramite due scalette mobili, in basso una struttura semicircolare lignea a gradoni realizzata in legno più chiaro. Dopo un inizio che poteva dare adito ad alcune suggestioni, che purtroppo mostrano di non avere séguito, l'azione procede in maniera tutto sommato tradizionale, sebbene condizionata dalla presenza di una scenografia a cornice fissa. Non felicissima la trovata di installare al centro dell'emiciclo di gradini un modellino ligneo simile a quello di un tempietto bramantesco che, aprendosi e mostrando al proprio interno una ripidissima e malferma scala a chiocciola (su cui i cantanti sono costretti a inerpicarsi), diviene la casa di Gilda. Arguta, invece, l'idea di riproporre in scena nel secondo atto il modellino rimpicciolito, frammisto ad altri riproducenti palazzi rinascimentali, affinché venga utilizzato dai cortigiani per meglio palesare al duca i dettagli dell'avvenuto rapimento. Un barcone posto al centro del teatro/biblioteca rappresenta, invece, nel terzo atto la casa di Sparafucile, avvolta nelle nebbie del Mincio, da cui i vari personaggi seguitano a entrare e uscire spintonandosi e strattonandosi, in una serie poco organica di movenze spinte all'eccesso di cui, nel corso di tutto la rappresentazione, non si è certo fatto risparmio e che rappresentano di fatto il principale difetto dello spettacolo.

Raffaele Abete è un modesto Duca di Mantova, vista la giovane età probabilmente ancora acerbo: il timbro vocale è gradevole, ma i problemi nella gestione dei fiati appaiono piuttosto evidenti. Più efficace da un punto di vista interpretativo il Rigoletto di Federico Longhi che ha cercato di far trasparire, anche attraverso la gestualità spesso eccessiva imposta dalla regia, il conglutinato di sentimenti diversi che opprime l'animo del buffone; la voce, seppur caratterizzata a volte da un eccessivo vibrato, è adeguata al ruolo e la prova nella sostanza corretta. Mihaela Marcu è una Gilda sognante, ma contemporaneamente sicura di sé, fanciulla e donna insieme: le agilità sono sicure, l'emissione pulita, i registri (se si eccettua qualche acuto un po' spinto) omogenei, l'interpretazione pregevole. Timbro non sufficientemente scuro e tecnica vocale perfettibile per la Maddalena di Clarissa Leonardi; credibili, invece, lo Sparafucile di Gianluca Breda e la Giovanna di Alice Marini. A eccezione di Antonello Ceron nel ruolo di Borsa e di Tommaso Barea che tratteggia un Marullo piuttosto vitale, tutti gli altri comprimari risultano, per un motivo o per l'altro, non totalmente convincenti.

Tempi piacevolmente serrati e direzione ricca di impeto, finalizzato a sottolineare l'atmosfera di incombente tragedia, per Fabrizio Maria Carminati che ha saputo mettere ben in luce tutte le potenzialità dell'Orchestra dell'Arena che si è mostrata in ottima forma. Buona anche la prova del Coro.

Teatro gremito e pubblico entusiasta che ha richiesto e ottenuto un bis del Sì, vendetta, tremenda vendetta alla fine del secondo atto.

Visto il 20-03-2016
al Filarmonico di Verona (VR)