Cancellata di fatto l'intera stagione dell'Autunno Musicale Trevigiano inaugurato a fine ottobre con Tosca, la tenace volontà del Teatro Verdi di Padova e del Teatro Del Monaco di Treviso, in veste di coproduttori, ha portato in scena comunque quel Rigoletto che la doveva concludere. Cancellate le due recite a Padova, è rimasta in piedi solo un'unica data, quella di domenica 20 dicembre nella sala trevigiana senza pubblico, con il capolavoro verdiano in forma semi scenica, e trasmesso in streaming sulla piattaforma Backstage, su YouTube e su Ansa.it.
Una versione semi, semi, semi scenica
In realtà, di regia vera e propria non s'è vista traccia: definito visual director nella locandina, Giuseppe Emiliani (che doveva curare la versione completa) si è limitato a regolare entrate e uscite ad orologio, ed orientare l'abituale gestualità.
Niente costumi ma abiti moderni, scelti forse dagli stessi interpreti; la scenografia puntava sulle video proiezioni di Federico Cautero che allineavano, con discreti risultati, un opportuno succedersi di ambienti e di atmosfere. Nefasta invece l'adozione di un velatino antistante il proscenio, che nei primi piani occultava gli interpreti dietro una fastidiosa griglia di tessuto. Metteteci sopra una ripresa video di modesto livello, ed un audio decisamente mediocre: il confronto con la qualità degli altri streaming proposti in questo periodo è impietoso.
Una direzione poco incisiva
Gli strumentisti dell'Orchestra di Padova e del Veneto sono disposti a raggiera in platea, a distanza di sicurezza. Li dirige Francesco Ivan Ciampa: l'approccio alla partitura è equilibrato e prudente, la lettura definita, ma non certo memorabile. Scarsa è la teatralità, manca il pathos, resta l'impressione dell'assolvimento d'un impegno di routine.
Il ruolo protagonistico è appannaggio di Enkhbat Amartüvshin, 34enne baritono mongolo che in Italia ha debuttato proprio al Verdi di Padova nel 2017, come Conte di Luna in Trovatore, e che si sta pian piano costruendo una promettente carriera. Nel complesso di un'emissione generosa e fluida, dal timbro morbido - più scuro che chiaro – e ben proiettata in avanti, spiccano una tecnica ben sorvegliata – controllo, appoggio ed emissione del fiato sono eccellenti - ed un fraseggio denso di sfumature; pure lo scavo psicologico della figura del tragico buffone di corte ci pare esaustivo e riuscito.
Ivan Magrì plasma con facilità un Duca di Mantova molto estroverso, brillante, persino febbricitante nello slancio passionale. Sensuale e fatuo senza essere troppo predatorio, nella linea di canto però non è indenne da qualche sbandamento.
Il soprano albanese Enkeleda Kamani è uscita da poco dall'Accademia di canto del Teatro alla Scala, dove un anno fa ha debuttato la figura di Gilda insieme a Leo Nucci; l'abbiamo incontrata ad inizio anno al Filarmonico di Verona, nella Lucia di Donizetti. Il giudizio sul suo canto rimane un po' lo stesso: bella la voce, dal tessuto vellutato, gli acuti limpidi e pieni, l'intonazione sempre ferma. Nondimeno, le colorature sono alquanto perfettibili, e bisognose di maggiore smalto ed agilità. Quanto al personaggio, risulta un po' indefinito, lungi da essere messo bene a fuoco. E' giovanissima, però, ricordiamoci; col tempo maturerà.
Uno Sparafucile di gran classe
Il basso trevigiano Roberto Scandiuzzi è un Sparafucile di super extra lusso, calibratissimo ed imponente; Vasilisa Berzhanskaya disegna con scioltezza scenica e buona voce una Maddalena dalla dozzinale sensualità. Nelle parti da comprimario incontriamo Gabriele Sagona (Monterone), Gabriele Nani (Marullo), Antonio Feltracco (Matteo Borsa), Carlo di Cristoforo (Conte di Ceprano), Alice Marini (Giovanna), Monica Biasi (Contessa di Ceprano) e Silvia Celadin (Paggio).
Il Coro Lirico Veneto, componente maschile, canta dai primi palchetti, fuori di scena: così il suono un po' si perde, ma di questi tempi... meglio evitare troppi contatti.