Scenograficamente più adatto rispetto al Sogno di una notte di mezza estate per essere rappresentato nel contesto del Prato inglese, l’allestimento di Romeo e Giulietta firmato da Marco Lorenzi intende trasportare il pubblico in un luogo dell’immaginazione dove far rivivere la tragica favola d’amore più famosa di tutti i tempi.
Poco importa che sia una Verona priva di una collocazione temporale definita e solamente evocata nella configurazione estiva di un teatro all’italiana. Ci sono sempre due famiglie rivali (Montecchi e Capuleti), “dai cui lombi fatali germoglia una coppia di amanti, nati sotto cattiva stella”. E c’è un Principe (in questa versione interpretato da un’attrice) che dall’alto di una imponente impalcatura osserva delinearsi il fatale destino dei protagonisti, tentando invano di ergersi a dispensatore di giustizia.
Uno spettacolo vissuto
La fantasia non è il solo ingrediente di un allestimento che, verosimilmente, prevede molta azione fisica da parte degli attori, che danno vita allo spettacolo attraverso la loro gestualità e il proprio corpo, tirando di scherma o preparando a vista le numerose (finte) morti previste dal copione.
Come bambini che giocano. Ma forse questo è anche il limite di un approccio registico all’amore inteso positivamente come evoluzione: un obiettivo raggiunto solo in parte, non per il necessario confronto con la morte, bensì perché in questo realistico omaggio alla lingua di Shakespeare la passione, il desiderio e il fervore tipicamente giovanili latitano. In questo senso, la regia avrebbe potuto dimostrarsi più sfacciata.
Non si muore neanche per finzione
Se nell’originale shakespeariano (quasi) tutti i personaggi non adulti muoiono, in questo adattamento alla morte non sempre viene resa giustizia: Tebaldo uccide Mercuzio in una sorta di fermo immagine, che rende impercettibile alla vista il momento del colpo mortale. Analogamente, la situazione si ripete quando è Romeo a uccidere il cugino della sua Giulietta, semplicemente versandogli addosso del sangue finto.
Sorprendentemente, morire risulta un dettaglio trascurabile anche per i due protagonisti, che nel finale si stringono in un tenero abbraccio senza mai accasciarsi al suolo, nonostante la natura violenta del loro gesto.
Audace si è rivelato, invece, il disegno luci, in generale incisivo e perfino avvolgente all’interno della cripta. La maggior parte dei giovani attori che compongono il cast ha saputo aggirare anche gli aspetti più insidiosi della tragedia per eccellenza, trasformandola con disinvoltura in una favola.
Spettacolo: Romeo e Giulietta
Visto al Teatro Carignano di Torino.