Nel 1958 Mark Rothko, nome d’arte di Markus Rothkowitz, artista ebreo di origine russa, riceve l'incarico di realizzare i murali per il Seagram building, destinati a decorare le pareti dell’allora nuovissimo ristorante Four Seasons di New York. Una volta ultimato il progetto – e dopo un lungo viaggio in Europa - l’artista stesso rivede il suo lavoro, lo ripensa e capisce che le sue opere non si adattano a quella destinazione finale. Allora rinuncia all’incarico e restituisce il denaro ricevuto per la commissione. Questo è lo spunto dal quale John Logan, nel suo Red, ricostruisce la biografia di un maestro dell’espressionismo astratto, dilaniato da un profondo conflitto cromatico visivamente espresso dal rosso e dal nero, ma che, nel quotidiano dell’artista, segna il trascorrere del tempo e l’avvicinarsi della morte. Pittura ed estetica, istinto e percezione, anticonformismo e mercificazione dell’arte sono i temi affrontanti in una magistrale ed esaustiva lezione di storia e critica dell’arte contemporanea, portata sul palcoscenico mediante il drammatico e puntuale confronto tra due personalità perennemente in bilico tra smania di affermazione e tormento psicologico: quella di un Maestro, un’artista-filosofo per il quale “la pittura è quasi interamente pensiero e mettere il colore sulla tela corrisponde al 10% del lavoro” (il vibrante Ferdinando Bruni); e quella di un giovane allievo (Alejandro Bruni Ocaña, un’autentica rivelazione sul palcoscenico), espressione dell’avanguardia artistica, che nella propria aspirazione ad affermarsi come artista, probabilmente cerca il significato del brutale assassinio dei genitori.
Un dramma tutto americano costruito dall’abile regia di Francesco Frongia, che cura anche lo spazio scenico e i costumi. Ma, come viene detto nel testo, “l’arte non sempre deve essere necessariamente uno psicodramma”, e dunque anche l’originalità di associare, ad esempio la morte al colore bianco della neve che cade il giorno in cui vengono assassinati i genitori del giovane allievo, lascia spazio a una riflessione sulla sacralità dell’arte che può accompagnarsi a un profondo percorso di meditazione dell’opera da parte dello spettatore che vi è posto davanti. Altro motivo di tormento per Rotko, del quale quasi egli non riconosce l’importanza pressoché in tutte le epoche, è la “luce naturale”. E il contrasto tra luce e “potenza” dei colori nell’allestimento è reso impeccabile dal disegno luci di Nando Frigerio.
Prosa
ROSSO
Rosso, il tormento e l'estasi
Visto il
15-06-2012
al
Cavallerizza Reale - Maneggio Reale
di Torino
(TO)