Ci sono progetti che hanno obiettivi precisi. Lo spazio Compost di Prato è uno di questi. Cristina Pezzoli, regista, e Letizia Russo, drammaturga e traduttrice, hanno portato in scena al Teatro Tieffe Menotti una delle creazioni di questo gruppo, “Scuolasbroc”, che – come gli altri – si basa sull’improvvisazione e sul lavoro con gli attori.
Lo spettacolo parte da temi precisi - la scuola, l’educazione, la frustrazione – e si sviluppa per improvvisazione lungo un canovaccio. In scena banchi, cattedra e lavagna. Una normale classe che viene sconvolta il giorno in cui il professore di italiano, disperato e frustrato, entra in classe con una pistola. Un flash back ci riporta alle origini di quest’azione senza speranza, alla tremenda situazione della scuola italiana e di chi la compone, professori in testa.
Nella presentazione dello spettacolo di legge che esistono addirittura sette finali diversi per la storia, e che lo spettatore sarà quindi ridotto a non conoscerne che una. Fa parte del gioco.
Il problema semmai è la struttura dell’improvvisazione. In un canonico testo teatrale (e nelle sceneggiature in generale) le parti, anche quando si tratta di scene corali in cui intervengono tutti gli attori, sono distribuite secondo un preciso equilibrio. Pesate e distribuite per creare il ritmo dello spettacolo, insieme a chi lo dirige e chi lo recita. In “Scuolasbroc” l’improvvisazione – almeno nella replica da me vista! – non ha dosaggi precisi e molte scene arrivano ad essere molto ripetitive senza che questo sia voluto dalla storia o dal testo. Gli attori paiono a tratti non abbastanza sicuri della rete di sicurezza che il canovaccio dovrebbe offrire loro e temporeggiano su passaggi non determinanti, creando situazioni ridondanti (tutti i personaggi che rispondono alla stessa domanda, le reazioni di tutte sempre messe in evidenza, ecc). Sembra quasi di assistere ad un saggio, in cui ognuno deve avere eguale voce in capitolo per non sentirsi trascurato.
“Scuolasbroc” è uno spettacolo con un buonissimo potenziale (la prima parte funziona bene; i temi toccati sono interessanti e facilmente virabili in un’ottica tragicomica) ma va a mio parere meglio dosato nelle diverse parti, altrimenti il rischio e quello di provocare noia: sarebbe un vero peccato.