La compagnia di Messina creata dal duo nel 1994, dopo spettacoli scritti, rielaborati e premiati per il loro singolare stile e linguaggio, per la prima volta si confronta con la tradizione teatrale siciliana. In prima nazionale per il Napoli Teatro Festival 2018, ecco SEI, un adattamento di Sei personaggi in cerca d'autore scritto da Spiro Scimone e diretto da Francesco Sframeli.
Una compagnia senza spettacolo e senza luci
Un omaggio, una rilettura, la necessità di un racconto di un dialogo già aperto ma tenuto silenzioso. Scimone e Sframeli come Pirandello osano, rompono schemi tra finzione e realtà, svelano i meccanismi del teatro, riaprono il solco triangolare di personaggio-autore-attore al pubblico. Ma lo fanno in maniera diversa, sottolineando in un certo senso la crisi, o forse il cambio di funzione del teatro stesso.
In un improbabile teatro (la scenografia è di Lino Fiorito) tutti si lamentano: si prova uno spettacolo che non andrà mai in scena. Manca addirittura la luce. E il tecnico, che poco prima infastidiva, non si trova, è in bagno, e come spesso capita -commentano- ci resta ore, forse ha problemi di prostata. Piano piano, di parola chiave in parola chiave, di associazione in associazione più o meno lineare che a volte sfiora l'assurdo, si costruisce la sintassi del discorso che tocca punte di comicità. Si arriva così al paradosso di una condizione mai verificata prima come sottolinea il Capocomico (interpretato da Scimone): “Nessuna compagnia, in teatro, è rimasta al buio per colpa della prostata di un tecnico”.
I SEI riportano la luce al teatro
Questo primo momento ritmato anche dai gesti degli attori, ripetuti e incastrati come parti di un ingranaggio, viene spezzato dall’entrata dei sei personaggi. Saranno loro a riportare la luce, con il loro doloroso dramma. Cercano un autore e con lui il modo di vivere, reiterando l’unica storia che conoscono, cioè la loro. Qui il linguaggio cambia. La naturalità tragica dei personaggi, pur finta, si confronta con l’artificiosità esagerata degli attori in un contrasto che fa ridere.
In questo gioco del teatro nel teatro, del vero che manifesta tutta la realtà del suo essere finzione, il teatro raggiunge un approdo tutt’altro che moralistico: apre all’ipotesi che non sia possibile trovare una soluzione. Questa dimensione di irrisolto, dal sapore magico, dove attori-personaggi, ammiccano e stuzzicano, sembra essere il margine nel quale Scimone e Sframeli scelgono di collocare il loro senso (o il loro non-senso) che di razionale in assurdo, trasfigurano in risata.
Il “dramma doloroso” diventa comico
La struttura pirandelliana resiste. Il Padre (interpretato da Sframeli) che sta per violare la figliastra nel finto atelier di Madama Pace, una Madre dolorosa che non capisce la condizione della figlia ormai su una cattiva strada. La figlia piccola (qui rappresentata da una bambola) annega, il figlio che vive con il padre si sente inutile perché non ha nessun ruolo, l’altro figlio si suicida. Mentre si prova a comprendere, un suono spezza la magia. Il colpo di pistola del suicida sospende il racconto nel culmine del dramma, chiude il dialogo tra i due mondi, e riesce, finalmente, anche a far uscire il tecnico luci dal bagno. In questo misto di tragedia e di comicità, le luci si spengono davvero.
Spettacolo: Sei
Visto al Teatro San Ferdinando di Napoli.