Nonostante il Teatro Delle Emozioni di Roma e l’Associazione Culturale Le Muse in Scena siano attivi da diversi anni, forse per la sua collocazione in una zona non molto frequentata della Capitale, la sala è ancora sconosciuta a molti romani. Eppure, questo spazio dedicato all’arte è una piacevole scoperta che supera le aspettative: una ampia platea a gradini ospita 200 posti, palco spazioso, buona illuminazione e acustica. Caratteristiche sfruttate in realtà minimamente dalle due compagnie che, sabato 19 e domenica 20 Marzo 2011, portano in scena due serate di corti teatrali con “Tra Finzione e Realtà” scritto, diretto e interpretato da Silvia Bruni e Cristina Cubeddu e “Così fan tutte (o quasi)” scritto, diretto ed interpretato da Emanuela Ansini Viviana Colais e Sara Pilloni.
La scenografia di entrambe le performance è infatti essenziale, non si ricorre all’ausilio di suoni, musiche e luci per enfatizzare e accompagnare le interpretazioni delle attrici: l’attenzione si focalizza sulle 5 donne in scena, sulle loro voci e i loro corpi e di conseguenza sul compito impegnativo di coinvolgerci e sedurci tramite essi.
Ci provano in modi differenti.
Il primo corto teatrale contrappone due mondi femmili: quello così verace e alla portata di tutti, rappresentato dalla barista un po’ ignorante e sempliciotta Claudia, coi suoi ragionamenti immediati e pratici e l’altro, tanto inverosimile e tragico, dell’attrice famosa e cinica Roberta. Sebbene i due sembrino occasionalmente entrare in contatto, trovando dei punti in comune – ovvero, le difficoltà di essere donna – solo apparentemente le protagoniste stanno conversando, in preda ad un improvvisa necessità di confidarsi; infatti le reazioni di Claudia di fronte alle rivelazioni dei fatti truci che riguardano la vita di Roberta sono paradossalmente indifferenti e ciò dimostra che ognuna di loro è totalmente presa dal proprio monologo. La sensibilità dei due personaggi non emerge e si rimane appunto nel dubbio di dove sia la realtà e dove la finzione, in uno svolgersi di narrazione ed eventi quasi onirico che però è talmente rapido che non riusciamo a rimanerne coinvolti e commossi Il corto dura, in effetti, solo una decina di minuti e non sembra davvero che sia trascorsa un’intera notte di confessioni.
La seconda compagnia sceglie tutt’altro linguaggio scenico. Le tre interpreti si presentano sul palco con indosso boxer intimi da uomo, camicie nere e cravatte. Una alla volta le protagoniste declamano considerazioni e massime sull’amore in modo surreale e grottesco mentre le altre due animano la narrazione con movenze e gestualità fumettistiche. Con ironia e ricorrendo ad un testo talvolta criptico ed allusivo, si cerca di rappresentare una donna che cerchi di essere sempre perfetta per il suo uomo, che abbia sempre un sorriso di plastica sulle labbra, inventi esercizi di aerobica che sfruttano i movimenti delle faccende di casa, per mantenersi in forma. Questa donna-bambola allude alla sessualità con paragoni con la ginnastica o col mondo animale, confonde istinti impellenti con sentimenti sinceri e profondi. La performance perde, però, la sua carica nella seconda parte, quando le donne raccontano aneddoti ed esperienze con l’altro sesso, svelandoci le loro debolezze. Frasi della canzone “Why don’t you do right?” interpretata da Jassica Rabbit vengono qui tradotte e ripetute a intervalli e la canzone viene infine intonata dalle tre protagoniste, che rianimano il finale anche con un balletto.
Ciò che sembra legare entrambe i corti in maniera interessante è la scelta di rappresentare la donna da una prospettiva particolare, che la mette in stretto rapporto con l’uomo e la vita amorosa, come se la sua felicità e realizzazione ne fosse sempre fortemente condizionata.