È forse uno dei musical cosiddetti classici che, soprattutto in questo clima di festa, fa sempre piacere vedere a teatro. Vuoi perché la storia è conosciuta da ormai 60 anni (risale al 1954, infatti, l’uscita del film sul grande schermo), vuoi perché i personaggi sono amatissimi dal pubblico, o perché è uno spettacolo in grado di attirare l’attenzione già dal primo ascolto, grazie alle incantevoli quanto orecchiabili musiche. Ma Sette spose per sette fratelli, che attualmente è in scena al Teatro Nuovo di Milano (dove resterà fino al 6 gennaio 2015), mantiene la sua freschezza e la sua genuinità, anche nella versione proposta da Massimo Romeo Piparo, che però conferisce allo spettacolo qualcosa di nuovo: come l’inserimento di tre brani inediti per l’Italia (presenti invece nella versione americana del musical) e una caratterizzazione più naturale dei personaggi (dal punto di vista timbrico), che si avvicina di più al nostro teatro.
Lo spettacolo, in generale, conserva quel ritmo travolgente, a tratti molto concitato, che tutti noi conosciamo, in cui i momenti ballati sono sicuramente quelli più attesi.
È proprio il ballo acrobatico, infatti, a farla da padrone, sia nei passi a due che nelle scene d’insieme (come in quella del Gran Ballo, in cui i fratelli sfidano a passo di danza i pretendenti delle ragazze). Ma come potrebbe non esserlo? È proprio in queste occasioni che il cast, composto da 20 ballerini-cantanti-acrobati, dà il meglio di sé.
I burberi e selvaggi fratelli Pontipee, cresciuti senza più una figura femminile di riferimento e quindi totalmente ignari delle “buone maniere” (o meglio, dell’etichetta), solo con l’arrivo di Milly si trasformano in quasi perfetti damerini. Questo passaggio ben si percepisce negli elementi scenici: dal puro aspetto esteriore, in cui i rozzi costumi da falegname e la capigliatura incolta lasciano il posto a un look più elegante e adatto per cercare moglie (i costumi sono di Cecilia Betona); alle stesse movenze sceniche, prima quasi esclusivamente violente e rissose, prive di qualsiasi garbo, poi più pacate e gentili (seppur sempre con qualche eccezione). Bravi, quindi, gli attori che sono rimasti nei limiti del “gioco” senza sprofondare mai negli eccessi. E bravo Roberto Croce che li ha ben coordinati.
A fare da contorno alla storia l’accurata scenografia di Teresa Caruso, che accompagna con logica tutti i momenti. La piattaforma girevole, sovrastata da una struttura a due piani perfettamente praticabile, diventa in un attimo la casa dei Pontepee (nei diversi ambienti: cucina, camera da letto, camera dei fratelli), il villaggio dove ha vissuto Milly e dove vivono le sei spose, oppure l’esterno della montagna dell’Oregon. Una grande mano arriva dall’equilibrato disegno luci (di Umile Vainieri), che delinea ogni situazione con la giusta intensità, specialmente nei momenti cantati. Di aiuto, anche se più incisive nel secondo tempo, sono le video-proiezioni che preparano lo spettatore ai cambi di scena. I coloratissimi costumi, in stile country, calzano a pennello a tutti i personaggi.
Già, i personaggi, gli attori, i veri protagonisti della storia. Come si diceva prima, Piparo ha voluto rendere Adamo e Milly più naturali nella timbrica vocale. Così, sebbene Flavio Montrucchio (Grease, Aladin-il Musical) rispetti la tessitura originale che fu di Howard Keel, dà però al personaggio qualcosa di suo, facendo apparire Adam sì, un boscaiolo rude e scontroso, ma meno irruento. Peccato per qualche imperfezione nel canto. Roberta Lanfranchi (Se il Tempo fosse un gambero, Cenerentola, Smetti di piangere Penelope!), invece, è una Milly più dolce e più paziente, ma non per questo meno decisa e determinata nel farsi ascoltare: una “madre-maestra” che tiene sotto controllo i ragazzi e li educa all’arte del corteggiamento galante. Molto presente in scena e preparata vocalmente, seppur distante dal suo alter ego cinematografico Jane Powell.
Maggiore rilievo, rispetto al film, viene dato alle amiche di Milly che, probabilmente per fare in modo che risultino più credibili nel rapporto con gli uomini della storia, hanno caratterizzazioni molto evidenti.
Ciò che colpisce di Sette spose per sette fratelli è che piace, sempre, comunque e a chiunque. E ciò l’ha dimostrato il pubblico che in massa ha riempito ogni settore del teatro e ha partecipato divertito allo spettacolo. Segno che le storie come questa non hanno mai fine. Un applauso, allora, a persone come Massimo Romeo Piparo che hanno il coraggio e la voglia di farle rivivere in scena.