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SHORT THEATRE 8 SECONDA SERATA

Una rassegna sulla cresta dell'onda

Una rassegna sulla cresta dell'onda

Una seconda serata per Short Theatre intensissima e frequentatissima che ha proposto una rosa di spettacoli molto diversi per tipologia, drammaturgia e risultato.



Il primo spettacolo in programma è lo splendido e spassoso La semplicità ingannata   di Marta Cuscunà presentato come  Satira per attrice e pupazze sul lusso d'esser donne. Un one woman show nel quale Cucusnà racconta gli usi sociali del cinquecento norditalico a proposito di ragazze da maritare, dietro versamento di una ricca dote al futuro marito, o da avviare alla carriera di cortigiana (ma solo per le poche fortunate che vivono nelle grandi città e hanno contatti con i notabili del luogo) o, infine, da mettere in convento.

Il racconto di Cucusnà, preciso e implacabile, si sviluppa con un gusto satirico contemporaneo, usando musiche della cultura pop (quelle dei film di Sergio Leone,  brani espressivi per sottolineare i colpi di scena) in un racconto nel quale la critica sociale scaturisce dallo scarto tra l'occhio nostro contemporaneo che in questi racconti ravvisa pratiche e comportamenti esagerati e la realtà sociale che nel 1500 vedeva la vita delle donne totalmente determinata dai padri e, se arrivavano, dai mariti.

Cucusnà interpreta diversi personaggi femminili e maschili impiegando una inflessione di voce diversa per ognuno di oro senza arrivare mai all'eccesso caricaturale ma dando con un registro vocale chiaro e facilmente riconoscibile una certa credibilità psicologica moderna ai vari vicari di Cristo, inquisitori, mariti e padri oltre che alle varie voci di donna-Il suo capolavoro interpretativo sono le sei monache presenti in scena come pupazze (e il nome al femminile è un neologismo squisito e di grande intelligenza) che Cucusnà anima e cui dà voce sottolineando la contemporaneità di certi pensieri antagonisti di un gruppo di monache di allora, ribelli al potere ecclesiale maschile (ispirandosi ai fatti realmente accadut nel convento delle Clarisse di Udine).

La semplicità ingannata  si presenta come uno spettacolo di intelligenza sottile, divertente e divertito, la cui credibilità, oltre che nel testo (liberamente ispirato alle opere letterarie di suor Arcangela Tarabotti, e con qualche lungaggine da sforbiciare qua e là) in perfetto equilibrio tra storia e critica sociale, risiede nella grandissima arte affabulatoria di Cucusnà, dirompente e   inarrestabile, dalla velocità di esecuzione (e dizione) al continuo cambio di personaggio quando, nell'animare le pupazze, restituisce all'impronta i dialoghi di sei monache, in una animazione unica nel suo genere.

Un perfetto esempio di teatro civile di denuncia del sopruso patriarcale, di recupero della memoria storica e di esortazione alla resistenza contro la sopraffazione maschile.

Uno spettacolo grande che andrebbe portato in tutte le scuole contribuendo a studiare un preciso periodo storico (dal luteranesimo alla controriforma)  dimostrando come la storia sia essenziale per una vita più consapevole, libera e autonoma qui e adesso e di come il teatro sia uno degli ultimi baluardi di civiltà, di strumento di impegno civile e di salvaguardia della memoria storica.

         

          Marta Cuscunà


          La semplicità ingannata                   

          di e con Marta Cuscunà

          assistente alla regia Marco Rogante

          disegno luci Claudio “Poldo” Parrino

          disegno del suono Alessandro Sdrigotti

          tecnica di palco, delle luci e del suono Marco Rogante, Alessandro Sdrigotti

          realizzazioni scenografiche Delta Studios; Elisabetta Ferrandino

          realizzazione costumi Antonella Guglielmi

          co-produzione Centrale Fies, Operaestate Festival Veneto

          con il sostegno di Provincia Autonoma Di Trento-T-Under 30,
Regione Autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, Comitato Provinciale Per
La Promozione Dei Valori Della Resistenza E Della Costituzione
Repubblicana Di Gorizia, A.N.P.I. Comitato Provinciale Di Gorizia,
Assessorato Alla Cultura Del Comune Di Ronchi Dei Legionari, Biblioteca
Sandro Pertini Di Ronchi Dei Legionari, Assessorato Alle Pari
Opportunità Del Comune Di Monfalcone, Claudio E Simone Del Centro Di
Aggregazione Giovanile Di Monfalcone

          con il sostegno dei partecipanti al progetto di Microcredito
Teatrale: Assemblea Teatrale Maranese-Marano Lagunare UD; Federico Toni;
Laboratorio Teatrale Re Nudo-Teatri Invisibili; Nottenera.
Comunità_Linguaggi_Territorio; Bonawentura/Teatro Miela-Trieste; Spazio
Ferramenta; Tracce Di Teatro D'autore; L'attoscuro Teatro - Montescudo
Di Rimini.

          liberamente ispirato a Lo spazio del silenzio di Giovanna Paolin (ed. biblioteca dell'immagine, 1998)

          Marta Cuscunà fa parte del progetto fies factory

          martacuscuna.blogspot.it/

          www.centralefies.com/factory.html







Babilonia teatri ha presentato il suo ultimo lavoro Lolita, ispirato alla icona pop - banalizzata -  tratta dal romanzo di Nabokov, nel quale  Valeria Raimondi ed Enrico Castellani hanno coinvolto Olga, una una bambina di undici anni, in un progetto drammaturgico sulla ricerca di identità sociale da parte di una preadolescente, sul suo bisogno d’amore e sulla violenza del nostro mondo, dai risultati altalenanti.

Entrando in scena mangiando un cono gelato e con un ombrello aperto poggiato sulla spalla, Lolita, tramite dei testi videoproiettati, esorta il pubblico a guardare lo spettacolo come si guarda attraverso il
buco di una serratura (anche se avverte che non vedranno niente) a fare fotografie ora perchè dopo farà buio, che lo spettacolo comincia appena lei finisce il gelato; che Lolita è un nick name e che il suo vero nome non lo sapranno mai, che lo spettacolo comprende quattro canzoni da lei scelte ,l'ultima delle quali è a lui dedicata, e che verso la fine ci saranno due colpi di scena.

Quello cui il pubblico è invitato a spiare sono diversi quadri, in alcuni dei quali Lolita ge brani di un suo diario (microfono alla mano, il mouse per scorrere i testi che legge da un laptop, con una intonazione esemplare), oppure legge l'elenco di ciò che ha sognato di essere, alternati a brani videoproiettati  nei quali Lolita è una farfalla le cui vicissitudini ci vengono raccontate con uno stile  semifiabesco, intervallati dalle quattro canzoni, durante le quali Lolita si improvvisa cantante in playback, mannequin in una sfilata di moda, o, ancora, atleta
esperta di arti marziali.

La videoscrittura si immette da subito come interfaccia tra pubblico e Lolita, ma anche tra pubblico e Olga, la giovanissima interprete.

Lo spettacolo è infatti molto attento nel presentare la bambina in scena sottraendola a ogni possibile forma volontaria o involontaria di sfruttamento spettacolarizzato affiancandole nei primi quadri la presenza di una donna adulta (Valeria Raimondi) che ne è in qualche modo il doppio ma anche, se non soprattutto, una garanzia di tutela e di protezione per Olga.  Una volta che il pubblico è arrivato a una giusta prospettiva di sguardo tra la bambina personaggio e la bambina attrice, Olga rimane in scena da sola, anche se la presenza di Raimondi non cessa mai del tutto, rimanendo alla consolle di regia, a vista, in un angolo dello spazio scenico.  

Lolita alterna momenti di altissima attualità e denuncia del sessismo dei ruoli cui già a undici anni una bambina è costretta ad adeguarsi, in una serie di imperativi morali recitati da Raimondi (il mondo rosa in cui solo un uomo, il principe, azzurro come il cielo, può dare senso alla sua vita)
a momenti meno riusciti (alcuni dei testi in videoproiezione) che distraggono da Lolita rendendo la presenza della bambina di undici anni solamente uno degli elementi dell'allestimento scenico.

Una drammaturgia irrisolta che se individua perfettamente certi temi caldi della nostra società dei quali si
parla ancora troppo poco quali la femminilizzazione delle bambine (il fatto che bambine prepuberi siano già vestite e fatte comportare come donne adulte)  che venogno poi uccise proprio come le controparti adulte (come è mostrato nella scena tforte del finale della quale non vogliamo svelare nulla) o come il sessismo spudoratamente spinto che ancora oggi nel 2013 insegna alle bambine come piacere ai futuri uomini da sposare piuttosto che esortarle a organizzare la propria vita in autonomia ed emancipazione, 
lo spettacolo inciampa in una ricerca testuale ancora larvale e in bozza soprattutto il testo su Lolita piccola farfalla che è davvero il momento meno riuscito e più rabberciato dello spettacolo.

Anche in questo caso sfugge il senso profondo dell'urgenza drammaturgica dello spettacolo  sul perchè, cioè, invitare il pubblico in una sala a guardare questo spettacolo (e soprattutto leggere questo testo) il cui senso altissimo e condivisibilissimo di denuncia viene come azzerato e soverchiato da una vocazione narcisista all'esibizione che rischia di diventare l'unico vero scopo della messinscena.

Babilonia Teatri

          Lolita          
         
          di Valeria Raimondi ed Enrico Castellani

          con la collaborazione artistica di Vincenzo Todesco

          con Olga Bercini

          e con Babilonia Teatri

          luci e audio Babilonia Teatri/Luca Scotton

          organizzazione Alice Castellani

          grafiche/elaborazione video Franciu

          foto Sara Castiglioni e Marco Caselli Nirmal

          produzione Napoli Teatro Festival Italia in coproduzione con Babilonia Teatri

          con il sostegno di Operaestate Festival Veneto

          residenza artistica Cà Luogo d'Arte

          Nuova produzione 2013

          www.babiloniateatri.it

 

 

La serata si è conclusa con un progetto interessante ma criptico nella drammaturgia e presuntuoso nello stile con cui le note di regia - distribuite al pubblico che è stato invitato a leggerle prima di guardare lo spettacolo - descrivono la messinscena:
 

Ultima Regina del proprio esclusivo Io, solitaria amazzone senza più
arco, addenta e sbrana se stessa con la voluttà delle parole in versi e
con le frecce appuntite degli autoritratti photo booth di un powerbook. Autrice live della
propria serializzazione dentro il box del tempo presente - grafìa che
fissa il momento dell’atto e del sentimento autorale - autoedifica il
dialogo, il combattimento tra l’Io presente e l’Io appena impresso,
dilaga sul campo di battaglia scomponendosi in dialogiche relazioni
conflittuali, amorose, rancorose, ai limiti dell’assassinio del Sé, del Selbst
che tutto comprende. Il corpo fisico appare, si libera dell’involucro
teatrale e opera al MacLibro come alla consolle della propria vita.
L’acqua del bicchiere l’annega dentro l’immagine ingrandita in uno
schermo nero palcoscenico/bocca che tutto ingoia e il libro d’acciaio si
fa affilato e appuntito come un coltello.

Un barocchismo narcisista  che non ha riscontri con la messinscena costituendo un espediente di stile che non solo non aiuta minimamente il pubblico alla comprensione  ma lo devia e lo confonde.

Il nucleo narrativo è una riduzione tematica di alcuni motivi narrativi della Pentesilea di Kleist (per la precisione i momenti in cui, dopo la sua furia cannibalica, scaturita dall'onta di essere stata sconfitta in battaglia dal suo amato Achille, che gliene ha fatto sbranare le membra, Pentesilea resasi conto del gesto compiuto, si uccide con la sola forza della volontà accasciandosi sul corpo dilacerato dell'amato) riproposti in una drammaturgia nella quale solo chi tra il pubblico conosce la versione del mito sviluppata nel dramma di Kleist può districarsi, altrimenti, posto dinanzi una narrazione oscura, impenetrabile, criptica e indecifrabile, inevitabilmente, si perde, ed è costretto a subire un racconto tirannico e privo di significato.

In questa Pentesilea tutto parte dalla, e ritorna alla, presenza di un io femminile affabulatorio ed ecolalico che vediamo apparire in videoproiezione su un grande schermo, mentre il suo doppio in carne ed ossa presenzia in scena in silenzio indossando un abito di foggia ottocentesca, dismesso il quale, si sostituisce alle immagini pre-registrate recitando non già direttamente verso il pubblico, ma, visibile in scena, manovrando un software per scattare fotografie e girare video, offrendosi all'occhio della webcam di un pc portaile  che ne proietta l'immagine sullo stesso schermo sul quale la sua immagine in diretta si alterna a scatti fotografici che la immobilizzano in espressioni che testimoniano i vari stati d'animo dell'entitàpersonaggio che non sa capacitarsi del gesto compiuto (l'uccisione di Achille, solo per chi conosce il mito).

Suggestiva e intrigante la messinscena offre al pubblico una riflessione composita sui rapporti tra interprete e personaggio, esemplificati dal gioco tra esecutrice della messinscena, l'attrice seduta al tavolino che recita a favore di pc manovrandone un software, e l'immagine ingigantita che ne risulta in videoproiezione. La manipolazione sapiente di un bicchiere d'acqua posto tra l'interprete e la webcam restituisce in videoproiezione la sua immagine deformata in un elegante gioco di sdoppiamento tra interprete e personaggio davvero sdoppiati grazie all'impiego di un dispositivo tecnologico.

Una performance notevole che deve molto alla presenza scenica e alle capacità attoriale dell'autriceinterprete Maria Federica Tedeschi (che quando il software si impalla non permettendole più di mostrare la sua immagine sul grande schermo riesce lo stesso ad andare avanti inglobando l'incidente nella performance) troppo sbilanciata dal lato dell'esecuzione e poco rispettosa di un testo, rarefatto e atomizzato all'inverosimile tanto che della Pentesilea di Kleist rimane solo il nome del titolo.

La criticità del contenuto affabulatorio che arriva al pubblico in una messinscena che interviene sul testo in maniera così radicale tradisce una visione elitaria (e per certi versi narcisistica) del teatro raggiungendo un effetto antidemocratico, non sappiamo quanto intenzionale, dove chi conosce il testo sa ed è in grado di seguire, e chi non conosce rimane a metà del guado uscendo dalla sala chiedendosi che cosa ha mai appena finito di vedere.


          Lenz Rifrazioni

Pentesilea         

da Pentesilea di Heinrich von Kleist

          traduzione e drammaturgia Francesco Pititto

          regia, installazione, costumi Maria Federica Maestri

          musica Andrea Azzali_Monophon
         
 


  • interprete Sandra Soncini

  • cura e organizzazione Ilaria Montanari, Elena Sorbi

  • promozione e comunicazione Eleonora Felisatti

  • assistente Alice Scartapacchio


produzione Lenz Rifrazioni

 

 

 

 

 

Visto il 06-09-2013