Con Siegfried finisce il tempo degli dei e inizia l'epoca degli eroi. Il regista Guy Cassiers (con i precedenti collaboratori: Enrico Bagnoli scene e luci, Tim Van Steenbergen costumi, Arjen Klerkx e Kurt D'Haeseeler video, Sidi Larbi Cherkaoui coreografie) mantiene la dimensione eroica pur inserendo l'elemento dell'umanità nel confronto coi mezzi tecnologici che amplificano la possibilità di scandagliare e mostrare l'animo e i sentimenti. Molti i rimandi a Valchiria e Oro del Reno (recensioni presenti nel sito).
All'apertura del sipario un arco spezzato di spade lucenti aggrovigliate introduce verso uno spazio vuoto dominato dall'immenso video sul fondo, dove scorrono immagini in lento e magmatico movimento, come una ripresa della Terra dall'alto che poi diventa uno stormo di neri uccelli. Il piano di calpestio è metallico, griglie e blocchi di acciaio, e, all'arrivo del Viandante, si alza in verticale senza chiudere la vista proprio per la presenza di griglie ma anche di schermi che ripetono le immagini a video, mentre quando il viandante racconta figure umane di luce scivolano sulle torri di spade.
Nel secondo atto lo spazio vuoto è dominato da una selva di tronchi realizzati con catene metalliche su cui riverberano luci bianche e verdi come foglie mosse dal vento. Il combattimento con il drago è un momento particolarmente riuscito, cinque ballerini muovono un grande telo di stoffa coperto da una rete che riflette la luce come fossero squame. Se la presenza dei ballerini può essere distraente, impegnati a varie coreografie con le spade, a trasformarsi in trono o altro, tuttavia si è apprezzato il cercare un diversivo un un'opera lunga e costituita praticamente solo da duetti. Nel finale d'atto compare il filo verticale luminoso rosso che era presente anche nelle opere precedenti e che qui, nel terzo atto, moltiplicato, costituisce il solo elemento scenico.
Terzo atto caratterizzato dalla scena di Erda, che sale dal basso come in una grotta e dalla scena di Brunilde, addormentata sulla roccia; poetico l'uccellino della foresta, personificato da una mima. I costumi, cupi e notturni, sono un mix di stoffa, pelle, pelliccia, piume con rimandi arcaici e moderni e riferimenti espliciti alle ali per Wotan e Alberich, entrambi angeli caduti. Costumi completati da efficace trucco e parrucco. Fondamentali per l'economia dello spettacolo le luci e i video. Nel finale un bassorilievo classico assume colori e rilievo tridimensionale come se prendesse vita: un nuovo mondo sta arrivando.
Straordinaria la direzione di Daniel Barenboim: l'impostazione è grandiosa per quanto concerne la pienezza delle sonorità a cui si unisce una sensibilità personale nell'articolazione interna delle componenti strumentali e nell'attenzione ai dettagli della partitura. Il suono è sempre luminosissimo e preciso, anche quando il volume deve essere importante in primo piano ci sono sempre trasparenza e controllo in un equilibrio perfetto. Il canto ne risulta valorizzato: non c'è praticamente declamato in questa edizione di Siegfried e si propende piuttosto per il lirismo invece che per l'altisonante maestosità che qualcuno suppone connaturata alla mitologia wagneriana. Dunque dominano toni lirici con un suono morbidissimo e cesellato nelle singole sezioni, reso da un'orchestra in stato di grazia: un suono spettacolare, flessuoso, che indugia nelle componenti interne fascinosissime che si saldano alla perfezione, esaltate da un leggero allargamento dei tempi assai funzionale al risultato.
Lance Ryan è un heldentenor affascinante, il cui timbro vocale è reso incisivo e luminoso dalla solidità della linea che assicura omogeneità di canto e facilità di acuto sia nel primo, difficile atto, che nel prosieguo, arrivando al duetto finale con intatto vigore e cura del dettaglio, un ruolo titanico che il tenore affronta anche lavorando sul fraseggio. Ottimo Peter Bronder, un Mime con la forza e la capacità di imporsi di un attore di teatro, a cominciare dall'aspetto e dal contegno, con la faccia incrostata di terra e la recitazione che non scade mai nel macchiettismo. Emozionante la Brunilde di Nina Stemme: accento veemente per passionalità, splendido il colore, linea di canto uniforme e eccellente passaggio dal centro all'acuto che splende e si irradia luminoso e nitido; altro punto di forza la qualità dell'accento e la dizione tersa e scolpita. Terje Stensvold è un Wanderer oscuro nell'aspetto e nel comportamento e scuro di voce, Johannes Martin Kranzle un Alberich giustamente drammatico e pertanto efficace, Alexander Tsymbalyuk un Farfner cavernoso e tonante, Anna Larsson una Erda magistrale, Rinnat Moriah un'appropriata Stimme des Waldvogels scenicamente impersonata dalla mima Viviana Guadalupi. I danzatori, precisi ed evocativi, sono Yuta Hamaguchi, Albert Garcia Sauri, Christophe Linéré, Uri Burger, Gabriel Galindez Cruz.
Pubblico numeroso e presente fino al termine, molti applausi alla fine di ogni atto e un trionfo per tutti nel finale.