Classica
SINFONIA N.9 DI BEETHOVEN

Quest'anno niente Opera: il Teatro Regio di Parma inaugura la Stagione 2021 con una poetica “Nona” di Beethoven

Nona Sinfonia
Nona Sinfonia © Roberto Ricci

Nell'approssimarsi della festa di Sant'Ilario, vescovo di Poitiers e patrono di Parma, puntuale parte la stagione musicale del Teatro Regio giusto il giorno prima, la sera di martedì 12 gennaio. L'anno scorso la si varò con Turandot: sennonché quest'anno siamo costretti a fare a meno dell'opera inaugurale, stante l'infausto perdurare dell'emergenza Covid. Ed allora la scelta è caduta sulla Nona Sinfonia - lavoro in bilico tra sinfonismo e vocalità - sconfinando un po' dalle celebrazioni per il 250° anniversario dalla nascita di Beethoven

Esecuzione a teatro chiuso, offerta al pubblico a casa in una diretta streaming assai partecipata. Sperando di tornare ad affollare dal vivo quanto prima questo ed altri teatri.

Apoteosi di suoni e voci

L'Orchestra Filarmonica Arturo Toscanini – solida compagine parmense doc – è posta nelle mani di Michele Mariotti. Quest'apice della produzione beethoveniana lo aveva affrontato pure giusto cinque anni fa, quando diede con esso il via alla stagione sinfonica 2016 del Teatro Comunale di Bologna. 

C'eravamo, e la sua concertazione nell'insieme ci parve assai convincente. Però da allora scopriamo un'ulteriore, indubbia maturazione, di modo che questo ultimo accostamento rivela non solo una sovrastante consapevolezza critica, conseguenza d'una più approfondito ed interiorizzato scavo della complessa partitura - in altre parole, vi si scorge molta più poesia che retorica - ma nel contempo anche una superiore ricerca delle sfumature, oltre che un maggiore nitore strumentale. Dettagli determinanti, cui hanno contribuito precisione e setosità della sezione degli archi, e la nitida, esaltante prestazione dei fiati della Toscanini.

Michele Mariotti

Un coro che in molti ci invidiano

Inutile dire poi che nell'ultimo articolato movimento - quello che determina appieno l'appellativo di sinfonia “Corale” - il Coro del Regio preparato da quel magister supremus che è Martino Faggiani ha obbedito prontamente ai comandi del direttore pesarese, consegnandoci una prestazione straordinaria – vedi tutto l'episodio che ruota intorno al vortice di “Seid umschlungen Millionen” - per precisione sì, ma sopra tutto per invidiabile pastosità timbrica. Dote, quest'ultima, raramente riscontrabile in formazioni pur illustri di Oltr'Alpe.

Quartetto di solisti di alto livello, metà nostrano, metà straniero: dando il via all'apogeo finale, il basso Michele Pertusi attacca con poderoso eloquio“O Freunde, nicht diese Töne”, e subito gli fanno eco il soprano tedesco Christiane Karg, il mezzosoprano russo Veta Pilipenko e il tenore Francesco Demuro,  esaltante nel “Froh, froh” che precede il possente sviluppo fugato. Personalità vocali tutte pertinenti, dalla convinta adesione al dettato beethoveniano. Difficile desiderare di meglio.

Una conchiglia acustica riscoperta

Una curiosità. Per questa occasione si intravedeva sul palcoscenico, alle spalle di coro e solisti, una camera acustica d'epoca: tecnicamente, ci dicono, è una struttura di pannelli di canapa montati su telai lignei. Una conformazione componibile, variabile a mo' di telescopio, arricchita da bei dipinti dall'effetto trompe-l’oeil

La progettò a suo tempo lo scenografo parmense Giuseppe Carmignani (1871-1943), del quale il Regio - giusto un paio d'anni fa - aveva recuperato nei suoi magazzini gli storici fondali di Un ballo in maschera, da lui realizzati nel 1913 per il primo centenario verdiano.

Visto il 12-01-2021
al Regio di Parma (PR)