Più che un sogno di una notte di mezza estate, quello di Massimiliano Bruno sembra... un viaggio. E all'arrivo sono solo applausi, per tutti, per i protagonisti di fama e per i giovani artisti.
Sogno di una notte di mezza estate è una delle commedie comiche di William Shakespeare scritta a fine sedicesimo secolo, probabilmente per l'intrattenimento di una celebrazione matrimoniale fra nobili protagonisti. La trama, non a caso, narra di amori e sposalizi importanti, quale il mitico matrimonio di Teseo e Ippolita; racconta di incroci amorosi e contrastati fra le coppie dei giovani Lisandro e Ermia, Demetrio e Elena; l'amore fiabesco di Oberon e Titiana, signori di fate e folletti. Infine altro matrimonio, quello fra Piramo e Tisbe è il soggetto della rappresentazione di una occasionale compagnia teatrale. Mito, fantasia, sogno e illusione sono i piani della sceneggiatura, e su queste diverse percezioni l'autore inglese si diletta nell'irretimento dei suoi antichi spettatori.
Massimiliano Bruno, che di questa versione dell'opera del bardo ha curato l'adattamento e la regia, abbandona certi ancoraggi classici e si proietta in una metafora grottesca, pescando in visioni che sembrano rubate a Lewis Carrol o a Federico Fellini. Abbandona la sottile consistenza del sogno shakesperiano per catapultare attori e spettatori in un moderno vaneggio, abbandona il linguaggio infatuato per re-invetarne un altro più burlesco e senza tempo: un po' da Brancaleone e un po' da cabaret, un po' da slang giovanile.
L'esuberanza recitativa di un cast d'eccezione e l'ambientazione da musical
Così il bosco, luogo d'incontro dei personaggi, luogo dell'assopimento e del sogno diventa scena spettacolare: l'intreccio di luci, le scene, le coreografie da opera rock e le musiche trasformano la scena in una pedana dove le coppie degli innamorati ballano al ritmo della dance music; dove troneggia il carro di Tespi degli attori strepitanti capitanati da uno Stefano Fresi in splendida forma. Il bosco fatato di bucolico non mantiene nulla, se non la magia della musica e di una luna psichedelica che illumina Paolo Ruffini nel ruolo di Puck, unico flemmatico, e la bella Titiana/Placido; irradia le fate e Obilon (l'ottimo Agusto Fornari); il bosco e la luna che, come nell'Alice di Carrol, sono semplicemente un non luogo, l'intangibilità, il nessun tempo.
Massimiliano Bruno fa spettacolo con Shakespeare ma la poesia resta assente
Infine rimane poco dell'opera del drammaturgo di Stratford, se non l'impostazione strutturale dell'ordito e la trama della sceneggiatura che diventano pretesto per uno spettacolo che sorpassa ogni riferimento letterario, ogni risvolto sentimentale, ogni poetica romantica. Per indirizzare il pubblico verso una comicità attuale, un umorismo che a volte si appoggia e canoni da cabaret, a uno spirito alla Zelig che in certi momenti strappa il sorriso, ma dissesta quello spettatore che ancora pensa ad eterei, romantici e infatuati incontri di parole: a quei dialoghi che fanno sognare la poesia.
Anticonformismo e pregio di una rappresentazione inusuale
Ma non c'è alcun rimpianto per la letteratura romantica inglese. Il dinamismo e l'energia delle evoluzioni in scena dei protagonisti delle diverse vicende narrative rendono divertente e molto spettacolare questa recita originale. Una rappresentazione ricca non solo per la parte tecnica ma soprattutto per un cast tagliato per la visione allucinogena della regia. Più che un sogno di una notte di mezza estate, quello di Massimiliano Bruno sembra... un viaggio. E all'arrivo sono solo applausi, per tutti, per i protagonisti di fama e per i giovani artisti.