La paura è una novella pubblicata da Pirandello nel 1897 il cui argomento è tratto dall'atto unico La Morsa del 1892. Vi si narra della relazione extraconiugale di Giulia, sposata per amore ad Andrea, marito assente, che la induce a cercare in Antonio, socio d'affari di Andrea l'affetto che non trova in casa. La pavidità di Antonio - che teme il socio abbia scoperto la sua relazione con Giulia -, e la crudeltà di Andrea inducono Giulia al suicidio facendone il personaggio più intimamente umano.
Nella novella la conclusione è meno drammatica ma ugualmente sottile è la notazione psicologica con la quale Pirandello rende la determinazione di Giulia a volere una vita viva, piena d'amore e non di agi borghesi, tanto da farne, quasi, una femminista ante-litteram.
Sogno ma forse no è invece un atto unico del 1928-29 nel quale Pirandello, nelle lunghissime didascalie, scrive la regia con cui lo spettacolo deve esser messo in scena, con tanto di accorgimenti tecnici impiegati con gusto espressionistico.
Stavolta la violenza di un uomo ai danni di una donna avviene in sogno ma è destinata a ripetersi anche nella realtà, o forse no.
Marco Grossi ha la felice intuizione di mettere in scena, legandoli l'una all'altro, la novella (costituita prevalentemente da dialoghi) e l'atto unico (senza seguirne le indicazioni di regia), sfruttando la particolare conformazione architettonica dell'Accento Teatro, che consta di un palco sormontato da un soppalco, dove disloca le due diverse situazioni, alternandole, di modo che quando una va l'altra attende, attore e attrice al buio, immobili in una posa dinamica, interrompendole e legandole anche su assonanze dei due testi, quando le stesse frasi ricorrono in entrambi.
Le due situazioni vengono presnetate così come due diverse declinazioni dello stesso discorso che invita il pubblico a riflettere sulla mille forme della violenza intrinseca dell'uomo e sulla superiore cifra umana della donna al di là della cornice morale dell'epoca.
La messinscena funziona grazie anche alla verve interpretativa delle due attrici, magnifiche nel restituire gli stati d'animo dei rispettivi personaggi anche con una adeguata mimica del viso e del linguaggio del corpo.
Altrettanto bravi i due intepreti maschili (sebbene Andrea Natalini appaia, a tratti, un po' deconcentrato e in difficoltà con le battute) che restituiscono le intenzioni del testo pirandelliano, notoriamente difficile, costruito com'è su periodi complessi con molte subordinate, senza perdere mai nè il filo logico nè l'emozione che lo sottende.
Una messinscena elegante e impeccabile sviluppata con con un gusto figurativo che rievoca Füssli (nella posa che assume Priscilla Micol Marino sul divano durante l'incubo) e una certa aura da cinematografo, grazie anche al sapiente uso delle luci (di Alberto Biondi) che sostiene la progressione narrativa di
entrambe le situazioni (compreso un flashback presente nell'atto unico).
Una messinscena che rimane rispettosamente fedele a Pirandello senza la pretesa di modernizzarlo come molti si sentono autorizzati a fare quando portano in scena le sue commedie.
Dispiace solo l'incipit nel quale le due attrici prendono posto, e posa, invece di accogliere il pubblico in sala già sulla scena e in personaggio.
Sogno (ma forse no) La paura è uno spettacolo da vedere per riscoprire (o scoprire) due testi che parlano la lingua della contemporaneità e restituiscono alla donna quella dignità che la nostra società, proprio come quella di Pirandello, vilipende in nome di un maschilismo mai morto.
Uno spettacolo da sostenere con una presenza in sala assidua e numerosa.
Avete tempo fino al 4 di Maggio.
Prosa
SOGNO (MA FORSE NO) LA PAURA
Una messinscena molto indovinata.
Visto il
18-04-2014
al
Accento Teatro
di Roma
(RM)