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STOCCOLMA (STOCKHOLM)

Una messinscena molto efficace.

Una messinscena molto efficace.

Todd e Kali sono una coppia felice. Si raccontano direttamente al pubblico commentando con complice ironia la loro relazione, le loro abitudini, i sogni diventati realtà, come la casa in cui vivono, arredata con stile, o l'imminente vacanza a Stoccolma.

E' il compleanno di Todd e la coppia ricorda e commenta, insieme o separatamente,  alcuni momenti salienti della vita insieme mentre racconta lo svolgersi di quella giornata di festa, un film impegnato il pomeriggio, la cena a sorpresa per la sera, mostrando al pubblico i vari ambienti della loro casa.

Dalla prima visita in quello che diventerà il loro appartamento alla sera che si conobbero a un party, Todd e Kali ricostruiscono e reinterpretano per gli spettatori ciò che vanno raccontando, compiendo così un tributo, un'autocelebrazione della loro vita insieme, commentando spesso in terza persona i rispettivi stati d'animo di allora.

Man mano che la serata si svolge alcuni dettagli stonati si insinuano nella loro relazione di coppia mostrandosi prima come i segni di alcuni piccoli compromessi (la gelosia di Kali, il rapporto di Todd con i suoi genitori) che si espandono senza contenimento sfociando in un feroce litigio che raggiunge il climax nella violenza fisica dopo la quale Kali e Todd si riconcilino appagati.

Presentandosi all'inizio come commedia ironica Stockholm subisce un sottile e continuo slittamento di tono trascinando il pubblico negli stessi interstizi di un rapporto conflittuale che ha trovato però un suo equilibrio, senza esprimere giudizi o prendere le parti di nessuno dei due.

Questo rapporto tra chi controlla e chi si fa controllare, tra chi vessa e chi è vessato, in un continuo gioco di attiva aggressività e di aggressività passiva, è dosato, prima ancora che dalle precise psicologie dei due personaggi, dalla scansione narrativa della pièce che, nel momento stesso del suo farsi racconto teatrale (i commenti rivolti al pubblico in complicità condivisa ma anche in degli a parte dove lui non sente quel che lei dice alla platea e viceversa) restituisce la forma e la qualità di un rapporto amoroso nel momento stesso in cui ne racconta e ne mette in scena le vicissitudini.

Bryony Lavery, famosa e affermata drammaturga inglese, un matrimonio con un uomo prima un coming out lesbico dopo, trova negli eccessi fisici e violenti di Todd e Kali una delle coordinate centrali della coppia eterosessuale contemporanea tutta (co)stretta tra un consumismo alla moda (la casa arredata con gusto di internal design, la vacanza esotica, la coltivazione di un gusto intellettuale, l'ostentazione di una intelligenza e di una sensibilità fuori dalla media) e il vuoto rimasto dopo il crollo della famiglia patriarcale (quella incarnata dai genitori di Todd) che, cedendo sotto il peso del proprio anacronismo, non ha saputo dare adito a nessuna costruzione alternativa, facendo vivere chi ancora cerca un ménage di coppia nel vuoto desolante delle sue stesse macerie.

Macerie della famiglia borghese metaforicamente sottolineate dai vari ambienti in cui Todd e Kali portano il pubblico, identificandosi nella cantina (dove c'è del sangue umano rappreso) che vedono come il luogo adatto per il cuore segreto del loro rapporto.

Stockholm  ha debuttato in Inghilterra nel 2007 portato in scena dalla compagnia Frantic Assembly che coniuga la drammaturgia con la danza, in un connubio stilistico che nei movimenti coreografati dei due personaggi raggiunge quella necessaria astrattezza dalla quale far precipitare i due protagonisti nella violenta fisicità concreta tramite la quale si relazionano.

La messa in scena italiana di Marco Calvani rende astratta invece la scena riducendola a un tavolo e due sgabelli bianchi e a pochi oggetti essenziali, contenuti e tirati fuori dalle buste di plastica della spesa, dalle quali oltre agli ingredienti per la cena a sorpresa, escono anche una cravatta, un telefono, un tagliere e una padella.

Alla (ri)costruzione degli spazi contribuiscono anche le luci,  accuratissime, che delimitano parti diverse della scena, da quelle di proscenio a illuminare Todd e Kali quando salgono sui due sgabelli, a quelle dietro il tavolo, mentre per la scena della cantina i due protagonisti, finiti sotto il tavolo, si illuminano solamente con l'ausilio di una torcia tascabile, creando degli spazi che prima ancora di essere fisici sono mentali, come vuole il testo, correllativi oggettivi delle emozioni e della condizione esistenziale dei due protagonisti. 

Stockholm richiede un affiatamento totale tra interprete maschile e interprete femminile, che devono saper passare dall'amore affettuoso e ironico al sesso simulato (una fellatio  esplicita quanto basta, senza essere volgare) al parossismo finale quando la mania di controllo di Kali esplode in tutta la sua rabbia distruttrice e trova in Ketty Di Porto e Vincenzo De Michele due interpreti ideali.

Stockholm si distingue come riuscitissimo esempio di teatro elegante nella  scrittura e capace di saper rilevare comportamenti e crisi nei rapporti interpersonali con una sintesi invidiabile e perfetta tra testo e performance, tra vissuto dei personaggi e drammaturgia.

Nonostante il testo non lasci affatto intendere che il personaggio di Kali rappresenti un archetipo del femminile ma motivi anzi il suo percorso psicologico legandolo alla sua individualità di persona prima
ancora che a quella di donna, lo stesso non possiamo esimerci dall'esprimere un'ombra di dubbio sulla liceità di mostrare un personaggio femminile così petulante e manipolatore e rendere il personaggio maschile una vittima (vieppiù se sedotta dalla famosa sindrome cui il titolo della commedia fa esplicito riferimento) perchè se è vero che le macerie del patriarcato lasciano alla donna un certo margine d'azione anche nel campo della violenza domestica è sempre lei la vittima precipua - come i femminicidi purtroppo dimostrano - e non il contrario.
Pur la commedia non esprimendo simpatie per nessuno dei due personaggi il testo può esser soggetto a una lettura di genere a detrimento di Kali, cui il pubblico può essere indotto sostenuto da un pregiudizio antifemminile che nella nostra cultura occidentale risale al mito fondativo dell'origine della colpa a causa di Eva (e non di Adamo).
Perchè il racconto di una donna petulante che vessa l'uomo non è mai un racconto davvero
dalla parte delle donne

Un dubbio che scaturisce dal testo, tradotto da Calvani assieme a Sandra Paternostro, in maniera disinvolta, come quando rendono Cunt, termine triviale per l'organo sessuale femminile, usato da Kali in
riferimento  alla madre di Todd,  con il termine triviale per il seme maschile,  non solo cambiando bacino
semantico ma trasformando un modo di dire comune in uno insolito,  pur di mantenere, crediamo, adeguatamente la trivialità dell'espressione originale. 

Una messinscena  molto efficace quella di Calvani pur nella fretta di  un allestimento da festival che
non ha permesso di calibrare ogni singolo elemento con quella precisione che solo il respiro di una programmazione più lunga dei due giorni previsti avrebbe consentito.

D'altronde, dati i mezzi economici sempre più scarni che il teatro italiano ha a disposizione, che rassegne come Trend continuino ad essere fatte, nonostante tutto, ha in sé qualcosa di miracoloso e, si sa, i miracoli
purtroppo non durano a lungo.

L'importante è che il pubblico romano (che partecipa in massa, il teatro Belli è sempre gremito) possa conoscere una drammaturgia altrimenti assente dalla piazza italiana omana,  cosa che fa di Trend una rassegna non solo interessante ma davvero indispensabile.

Visto il 11-04-2013
al Belli di Roma (RM)