Un viaggio tra il reale e l’onirico, il probabile e il fantasioso, che guarda al mondo di oggi ma sa di eterno. In Strange Games si ritrova il senso profondo dell’arte del Clown di Vladimir Olshansky, artista russo conosciuto per aver lavorato con Slava Polunin con cui ha fondato il gruppo 'Lizidei', con le Cirque du Soleil, e in Italia per aver dato corpo a Soccorso clown contribuendo alla professionalità della figura del clown ospedaliero. A far da protagonista di ogni suo generoso spettacolo è quella straordinaria condizione vitale, una sorta di energia invisibile, un flusso circolare di intensità che va dall’attore al pubblico e ritorna all’attore per ricominciare il suo giro magico. Una energia che sceglie di volta in volta contenuti chiari, messaggi da condividere, questioni su cui riflettere e che si esprime nella cura, nella attenzione, nella percezione alta del sé non separata da ciò che è altro da sé. Il "solo" linguaggio dell’azione fisica riesce a commuovere, far ridere, pensare e soprattutto emozionare. Ogni spettatore è preso in causa e non può esimersi dal tornare a casa con un’immagine, un sobbalzo, una ricchezza diversa. Ed è proprio questa capacità di inglobare e di scambiare generosamente ‘cuore’, oltre che senso, con gli spettatori che vive realmente lo spettacolo. Occhi negli occhi, precisi, sinceri, e la certezza che sta guardando proprio te, ed è proprio te che ringrazia.
Strange Games, spettacolo che ha una storia decennale, per cui ha vinto una menzione speciale BBC "Late Addition" in realtà è una scatola, un contenitore che da dieci anni gira per il mondo e contiene storie e dimensioni diverse a seconda dei momenti, che cresce insieme ai suoi interpreti. E tocca vette di poesia. È fondamentalmente strutturato con un ritmo preciso: si alternano in scena sketch di due clown (Yuri Olshansky e Carlo Decio) da una parte, che propongono le loro gags, i loro scherzi al pubblico, le loro geniali idee di oggetti che acquistano un senso diverso, e dall’altra i racconti creati da un personaggio solitario e intenso (interpretato da Vladimir Olshansky) che inventa con il suo agire dimensioni, oggetti, dialoghi. La scenografia rimanda a un quotidiano disagio: un cantiere in una strada, realtà un po’ dissestata, che spesso perde la sua dimensione realistica per essere uno spazio altro. E un ruolo significativo nello creare gli scenari ovviamente spetta alla musica che sostiene tutto il movimento.
Strange Games è il gioco strano della vita, dove convivono insieme spazzatura e bellezza, e dalla spazzatura può nascere la bellezza. Dove le cartacce cadono per scherzo sul pubblico, dove aspirapolveri hanno il suono di un fischietto, dove vivono extraterrestri dalla faccia di palloncino, persone tristi. L’incubo del vivere insieme agli altri si intreccia la gioia del vivere insieme agli altri in un ballo tutti insieme. I racconti interpretati da Vladimir Olshansky sono molto più intimi, più delicati e poetici. Il rapporto con il pubblico è sottile, lieve, fatto di sguardi e di piccole accortezze. Come nel racconto tra il generale che si riempie di medaglie mandando gli altri a morire in guerra, si appunta persino la grande medaglia di latta, finché non ha nessun altro da mandare in guerra se non se stesso. O come nel racconto per così dire del ‘depresso’, dove al centro c’è la profonda condizione di infelicità a cui forse solo con l’aiuto dell’altro si può uscire, forse. Ma la questione è affrontata con toni comici come evidenzia il continuo squillo del telefono che però in realtà è una cornetta della doccia: e in scena la finzione nella finzione quando lui da solo è triste, fino all'idea del suicidio, e per contrasto quando risponde al telefono fintamente sereno e tranquillo. E in fondo la chiave e la soluzione c'è sempre. Una dimensione che Olshansky evidenzia con forza: l'amore infinito verso la vita, e gli altri che consente all' energia di viaggiare aperta, libera da limitazioni mentali e non concentrata solo su di sé.
Con questo spirito di dialogo profondo, fatto di ascolto e di interazione, Vladimir Olshansky costruisce il suo percorso. E così lo spettacolo non ha un solo finale, ha tanti finali, e ognuno è una continua e generosa risposta alla richiesta del pubblico grazie e per cui vive: se fosse per la magiache si crea e viaggia, lo spettacolo non finirebbe mai.