Prosa
SUICIDE VEEJAY SHOW

Al Teatro Spazio Uno, si riflette ridendo

Al Teatro Spazio Uno, si riflette ridendo

I protagonisti di questo Sucide Veejay Show, testo di Giuseppe Pollicelli ed Emiliano Rubbi, sono cinque ragazzi i quali, pur vivendo una situazione di convivenza un po’ forzata nello stesso appartamento, una precarietà lavorativa ed in generale una ricerca di un’identità tipici di chi è ancora molto giovane e magari ancora alle prese con gli studi universitari, hanno in realtà superato i 30 anni e non trovano ancora la loro strada. Questo senso di ricerca, di “vagare”, è ben espresso dai personaggi, che si muovono indecisi e privi di meta sul palco/appartamento, dando vita ad una drammaturgia priva, appunto, di una vera storia, di un inizio e di una conclusione, di risposte o soluzioni. Suicide Veejay Show è uno spaccato di vita, un pretesto per riflettere – in senso letterale e figurato al contempo – un fenomeno reale che ritroviamo nella società contemporanea, i cui risvolti non andrebbero sottovalutati.

A simboleggiare per primo ed in modo più esplicito lo scontento nei confronti della propria esistenza ed il disagio vissuto, è il veejay fallito Stefano, al quale hanno chiuso il programma in tv e che si lamenta seduto sul wc, mimando una roulette russa con una pistola, forse scarica, facendo considerazioni che suonano a tutti noi banali, sentite e risentite, ormai quasi luoghi comuni – dovrebbe far riflettere in effetti, proprio il fatto che siamo tanto abituati e rassegnati a tali considerazioni – su come funzionano male la televisione, il lavoro, la società, la vita. E proprio la tv, oggetto assente in scena, sembra tornare spesso protagonista di tanti scambi di battute e situazioni vissute dai protagonisti, assurto probabilmente ad elemento rappresentativo di tutto ciò che crea o quanto meno incrementa il disorientamento dei ragazzi.

Le parolacce – una in particolare – ripetute fin troppo frequentemente dai ragazzi, prevalentemente da Mario, servono forse a farci percepire che i protagonisti hanno arrestato il proprio modo d’esprimersi a quello stadio in cui la volgarità usata come intercalare corrisponde all’idea comune di linguaggio “giovane”, oltre ad essere più banalmente uno sfogo istintivo dell’insoddisfazione.

Sebbene dei cinque personaggi non ci venga narrato molto, grazie alla costruzione efficace che riescono a farne autore/attori e regista riusciamo a percepirne tutta la profondità e l’umanità, ad apprezzarli e sentirli incredibilmente vicini. Melania, che si lancia in improbabili critiche cinematografiche e riesce ad immaginare il suo lavoro per la tesina di laurea incentrato solo all’interno di quello stesso appartamento; Lucia, la più grande ed insicura di tutte – perfetta nell’uso della voce la sua interprete Silvia Antonini – che tenta con ogni scusa di giustificare la sua permanenza in quell’appartamento; Mario, con la sua teoria delle ragazze “organiche”, inadatte a lui così attento all’apparenza ma irrealizzato interiormente; Danilo, col suo perfetto sguardo ed atteggiamento cinico, che si dice consapevolmente attratto da ragazze totalmente idiote, forse proprio per via della sua incapacità di credere nei rapporti.

Spicca, tra i personaggi che orbitano attorno ai 5 coinquilini, Aldo Del Piragna reso brillantemente e ben caratterizzato da Fabio Colagrande; per niente scontata o squallida la sua comicità basata su una bizzarra vendita di prodotti di bellezza per parti intime.

Tutto questo viene messo in scena con ritmi rapidi ed idee che arrivano immediatamente, riuscendo inspiegabilmente a farci anche ridere, forse perché molte situazioni descritte raggiungono il paradosso, forse perché vogliamo inconsciamente distaccarcene quando le sentiamo pericolosamente vicine…

Originalissima la scenografia che pur rinunciando il più possibile a mobili ed oggetti, trova una soluzione alternativa e fantasiosa ad essi: mensole, frigoriferi, librerie, lampadari, finestre, sono indicati da disegni – o piuttosto sagome – essenziali su dei pannelli ai quali sono attaccati quindi tazze, cibi surgelati, libri. Le luci risaltando ciascun elemento simbolico, ci aiutano guidando la nostra attenzione sui vari ambienti della casa.

Un lavoro interessante, pulito; una compagnia che dimosrtra grande maturità e capacità di lavorare insieme.
 

Visto il 12-04-2010
al Spazio Uno di Roma (RM)