Il magnifico allestimento di Sylvia prodotto dal Wiener Staatsballet, con il corpo di ballo del Teatro alla Scala di Milano, è stato un trionfo preannunciato. Di meglio non si poteva chiedere…
Il magnifico allestimento di Sylvia prodotto dal Wiener Staatsballet, diretto dal 2010 da Manuel Legris, con il corpo di ballo del Teatro alla Scala di Milano è stato un trionfo preannunciato. Di meglio non si poteva chiedere come regalo di Natale.
Agli inglesi il merito di preservare la tradizione ottocentesca del balletto francese
Louis Mérante creò questo balletto nel 1876 per l'Opera di Parigi, ma la sua coreografia non passò alla storia, ragion per cui Sylvia non ha un riferimento definito di repertorio. Tra le varie coreografie ideate nel corso di poco più di un secolo, in ordine cronologico ci sono quelle di Giorgio Saracco proprio alla Scala (1876), Ivanov-Gert (1901), Serge Lifar (1941) tutte più o meno cadute nell'oblio per varie ragioni.
Stregato dalla splendida musica di Delibes, il fantasioso ballerino e coreografo inglese Frederick Ashton decise di coreografare Sylvia per Margot Fonteyn, sua musa ispiratrice. A lui va il merito di avere snellito un intreccio molto complicato ed averlo portato sulla scena come noi oggi lo conosciamo e lo amiamo. Con lui il dramma pastorale “Aminta” di Torquato Tasso, al quale la vicenda è ispirata, affonda le radici nella patria di Shakespeare e Barrie: fate e folletti, indiani e pirati del Sogno di una notte di mezzaestate e di Peter Pan si trasformano in cacciatrici, driadi, naiadi, fauni, etiopi, contadini in un mondo a cavallo tra fantasia e realtà.
Legris scolpisce l’amore
La coreografia di Manuel Legris si rifà nell’intreccio a quella di Ashton, semplificandola ulteriormente facendo danzare l’antefatto sulle note dell’ouverture: Diana chiede a Sylvia la castità che lei stessa non ha rispettato nella sua relazione con Endimione. Non stupisce perciò il motivo per cui Sylvia, che è solo una guerriera, quando incontra l’amore trovi il coraggio di deporre le armi. Una ninfa che si innamora di un essere umano con tutte le sue debolezze ricordandoci che il vero amore non conosce distinzione di classe sociale, ricchezza, religione e colore della pelle.
Cast di giovani stelle
Nicoletta Manni ha danzato il ruolo della protagonista in maniera superba. La sua tecnica è splendida in tutto: grandi salti, giri finiti in alto ed equilibri tenuti fino all’ultimo. Linee lunghe ed infinite, con bellissime gambe iperestese; nel secondo atto ha incantato Orione ed il pubblico con elegante sensualità. Bravo anche Marco Agostino nel ruolo di Aminta: bei salti, forse meno preciso nei giri. Gabriele Corrado è stato un Orione virile, forte e deciso come il suo ruolo richiedeva. Mattia Sempreboni ha interpretato il piccolo ruolo di Eros in modo eccellente: il fisico scolpito come quello di una statua greca vivente ha conferito al figlio di Afrodite una dignità tra il regale e il divino. Variazione e pezzi d’insieme del terzo atto hanno rivelato un lavoro pulito e un’elevazione di grande respiro. Bene anche il corpo di ballo sia femminile che maschile: le cacciatrici sono state delle valchirie da brividi lungo la schiena e gli uomini dei fauni con balzi stupefacenti.
Note di fuoco
La musica di Delibes che tanto aveva colpito Tchaikovskij, al punto da fargli dire che se avesse potuto udirla prima di comporre Il lago dei cigni non l'avrebbe mai scritto, è stata magistralmente diretta dal M° Kevin Rhodes uscito simpaticamente a passo di danza per gli applausi finali. L'ouverture è stata diretta in maniera grandiosa, così come l'entrata in scena delle cacciatrici; e se quelle di John Neumeier sul palco indossavano una sorta di corazza, le danzatrici del Corpo di ballo di Frédéric Olivieri, trascinate dalla potenza delle note, hanno aperto lo spettacolo con altrettanta fierezza e carattere. Delibes è di certo più conosciuto per la Lakmé e Coppelia, ma quello che ha tenuto vivo l’interesse per Sylvia è stata sicuramente la splendida partitura.
Costumi e scene di Luisa Spinatelli hanno contribuito in maniera encomiabile alla riuscita dello spettacolo con il bel cromatismo e la loro opulenza. Assolutamente da non perdere.