In questa produzione ATP-Teatri di Pistoia che porta in scena la rivisitazione del capolavoro di Molière firmata e diretta da Roberto Valerio, Giuseppe Cederna è un Tartufo novecentesco, una sorta di santone-medium capace grazie al suo fascino nero di portare scompiglio e danno nella vita di una famiglia non diversa da tante altre, già contaminata alla radice dall’ipocrisia.
Vanessa Gravina interpreta con fascino e ironia Elmira, la bella seconda moglie di Orgone (Roberto Valerio stesso) che non cadrà in tentazione di fronte alle avances esplicite di Tartufo.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Marcello Di Giacomo e Irene Pagano vestono i panni dimessi degli orfani di madre, più ribelle lui, più succube lei; Elisabetta Piccolomini compare solo a inizio e fine spettacolo dando voce alla vecchia madre di Orgone votata a ipocrisia e conformismo; infine Roberta Rosignoli interpreta con piglio la cameriera-servetta impicciona in realtà un po’ padrona di casa che avverte più di altri la pericolosità di Tartufo, e che non lo teme.
La famiglia benestante come regno dell’ipocrisia
La scena curata da Giorgio Gori introduce in un giardino a cui si affacciano le grandi vetrate di una casa benestante, sormontata da un terrazzo con piscina. Alla ringhiera che delimita il primo piano appare una figura che evoca l’angelo di Un cielo sopra Berlino, di Wim Wenders.
Il diabolico Tartufo sta a piano terra, ospitato da un Orgone del tutto irretito, un grullo che si risveglierà dal maleficio troppo tardi e solo di fronte all’evidenza.
Le macchinazioni dell’impostore, che vuole appropriarsi dei beni, della moglie e della stessa vita di Orgone, anche se mascherate da redenzione, lo svelano da subito falso, avido e maligno, anche quando si cela dietro a un paravento misericordioso e salvifico.
Dietro a lui appare spesso Massimo Grigò, che interpreta il doppio ruolo di Cleante e del servo di Tartufo, e che sarà davvero protagonista del secondo dei due finali che si succedono uno dopo l’altro nello spettacolo: riavvolto come un nastro da moviola il primo finale da cronaca con un espediente di scena governato da luci e musica (curati da Emiliano Pona e Alessandro Saviozzi) scorrerà subito dopo davanti agli occhi del pubblico il secondo, molto più vicino alle corde di Molière.
Tra cronaca, “avvocatese” e acquasantiera
Tartufo assume qui tratti contemporanei, perde in parte i caratteri dell’ambiguità e appare come un malintenzionato di quelli che vivono e prosperano a metà tra “avvocatese” e acquasantiera nella cronaca e in tv. Nell’atto unico, le vicende ideate dal drammaturgo francese trascolorano a tratti nei toni nella farsa, sciogliendosi in riso amaro.