Con Accidente Glorioso 1 – Accidente de Coches si conclude la serie di debutti per teatri di Vetro VII che Stasi trae, con una scrittura precisa e interessantissima, dal mediometraggio Accidentes Gloriosos di Mauro Andrizzi e Marcus Lindeen, il primo argentino, il secondo svedese, che hanno lavorato sul concetto incidente visto anche come mezzo di cambiamento.
Stavolta la performance prende luogo in una officina di automobili.
In cinque si sale a bordo di un'autovettura parcheggiata su un monta auto. Appena a bordo dell'abitacolo il monta auto viene azionato e la vettura sale fino a posizionarsi alla stessa altezza di un'altra automobile posta di fronte, sopra un secondo monta auto.
Appena raggiunta l'altezza necessaria il nuovo punto di vista mostra al pubbliconell'abitacolo una presenza femminile nell'altra autovettura che inizia a raccontare di un incidente cui ha assistito.
La vediamo parlare e ne sentiamo la voce grazie all'impianto stereo di bordo.
La donna ci descrive un incidente d'auto che ha visto con una calma apparente cui corrisponde la tragicità di quel che ci descrive: un'automobile si è capottata i due passeggeri, un uomo e una donna, pendono dai sedili trattenuti dalle cinture di sicurezza. Lui è già morto, lei no. La loro descrizione ricorda le fattezze dei due spettatori posti nei sedili anteriori.
Il racconto poi cambia improvvisamente punto di vista assumendo quello della donna a testa in giù nell'abitacolo della macchina incidentata. Ci descrive le sue impressioni, il sangue, l'essere a testa in giù. La donna si accorge di essere osservata (dalla donna che fino a un momento prima ci ha raccontato dell'incidente? O dal gruppo di spettatori che assiste e guarda?) poi un flash rivelatore lascia intendere che qualcuno ha scattato una foto (magari la voce narrante dell'incidente glorioso numero 6)...
Stasi continua a suggestionare il suo pubblico impiegando un punto di vita mobile, interno ed esterno allo spettatore, alla spettatrice, che si fa testimone ma è anche oggetto della narrazione in un continuo scambio tra osservato e osservatore, grazie anche al ribaltamento del punto di vista e alla proiezione della percezione quella della donna testimone e della donna coinvolta nell'incidente e quella nostra di pubblico osservatore ma, in qualche modo partecipe del racconto (grazie ad alcuni dettagli nel modo di vestire o fisici del suo pubblico che l'attrice coglie e impiega nella descrizione dei due personaggi coinvolti nell'incidente). L'eleganza di Stasi sta anche nella capacità che ha di allestire degli spettacoli performativi dove la performance non si sostituisce mai alla drammaturgia ma entra in sinergia con essa e contribuisce alla resa generale del racconto.
Una scrittura che stavolta segue la forma e le regole dell'attrazione che proviamo per gli eventi estremi come l'incidente automobilistico cruento, definitivo eppure in qualche modo seducente non fosse altro per la liberatoria costatazione di una morte attualizzata (ecco come sono morto, ecco come morirò) che in certi momenti sembra più sopportabile di una morte potenziale che ancora non si rivela a noi. Una morte rappresentata niente affatto simbolica, ma anzi concreta nella sua devastante possibilità che il pubblico è chiamato a sperimentare mantenendo il privilegio di un punto di vista prossimo a quell'orrore ma protetto e al riparo dalla concreta numinosità di quanto viene raccontato la cui potenza evocativa e l'impatto emotivo sono resi tangibili di una fisicità dell'incidente che aleggia e si fa ingombrante assenza cui tutto inesorabilmente rimanda in un coacervo di emozioni in cui si incontrano attrazione e repulsione, curiosità scopica e scandalo della morte, una morte che, almeno per oggi, non ci tocca.
testo originale: Mauro Andrizzi e Marcus Lindeen
traduzione, ideazione, regia: Giulio Stasi con: Tiziana Avariata, Elena Cucci, Jun Ichikawa. Francesca Muller, Roberto De Paolis, Tiziano Scrocca, Giulio Stasi supervisione tecnica: Giacomo Marchioni
produzione: Rosabella Teatro con il contributo di PF, PP, SR.